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SIROLO

Nelle opere realizzate da Nazareno Luciani  per la personale allestita nell’ambito del III Festival Internazionale di Musica l’immagine risulta meno istintiva e più allusiva. Quei segni-sogni neri su sfondi color terra, in termini visivi e mentali, sono luttuose tracce, sentieri bui in suoli abbandonati, frammenti di paesaggi invivibili che metaforicamente esprimono la precarietà del nostro tempo. Non si tratta, dunque, di una trasfigurazione di forme rilevate dall’esistente, ma della formalizzazione di pensieri funzionali alla trasmissione di un messaggio misterioso e poetico, ideologico e atavico. In queste nuove composizioni l’artista, seguendo la regola dell’economia costruttiva, oltre ai procedimenti “artigianali”, all’uso dei materiali poveri e dell’acrilico, utilizza fotocopie che ricava con sapienti manipolazioni, violentando la forma con strappi e buchi e sfruttando la casualità e gli stimoli immaginativi. I singoli elementi di diverse grandezze così realizzati - combinati in articolate strutture geometriche - rimandano ad itinerari astratto-figurativi in cui entrano memorie territoriali. Nonostante l’indirizzo più equilibrato di oggi, quello di Luciani resta un discorso personale ancora aperto all’imprevedibile, anche se difficilmente egli rinuncerà alla comunicazione delle ossessioni, delle inquietudini esistenziali che, in fondo, danno un senso più autentico al suo lavoro.

Luciano Marucci

[«Juliet» » (Trieste), n. 65, dicembre 1993-gennaio 1994, p. 67]