Home arrow Viaggi nell'arte arrow Transiti arrow Zita Noè (n. 76/1996)
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ASCOLI PICENO

Da un termine musicale medievale Zita Noè ha tratto l’intitolazione della sua esposizione al Centro d’Arte l’Idioma, “Discanto”, a voler significare una voce fuori del coro che, in contrasto e al di sopra dell’unisono comportamentale della società odierna, critica e dissente. Oggetto della sua indagine le immagini pubblicitarie che violentano il corpo umano. L’artista preleva le più significative dagli affiches urbani e dai rotocalchi e le manipola strappando, combinando, alterando le anatomie fino ad ottenere tutt’altro effetto. Tra collages-decollages e interventi pittorici mimetizzati, supera il bello, l’effimero, lo stereotipo, il falso e propone una nuova iconografia fatta di intensa espressività, al limite del surreale, che finisce per denunciare la banalità e l’immoralità dell’organizzazione consumistica in difesa di una riappropriazione dell’originalità dell’essere. Giunge così al paradosso di deformare per riportare alla forma-contenuto, alla norma; per risoggettivizzare l’individuo e restituirgli identità e dignità. Le figure elaborate spesso appaiono dematerializzate, distaccate dal presente per mezzo di diaframmi, e sono poste su un supporto monocromo che le fa risaltare e conferisce loro le caratteristiche di ibrido pittorico-fotografico. In conclusione, le opere della Noè giocano sulla virtualità dell’immagine e ne sfruttano la valenza comunicativa; si giovano dell’analisi e dell’abilità manuale per compiere indiscrete e impietose introspezioni. Si sente che l’artista partecipa emotivamente alla confezione degli oggetti pittorici e, nella strutturazione della composizione e l’uso dei colori tizianeschi, mostra le sue radici venete.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 76, febbraio-marzo 1996, p. 65]