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MACERATA

La coincidenza delle esposizioni di Luigi Carboni al Palazzo Comunale di Pergola e alla Pinacoteca, oltre a fare il punto sullo sviluppo della sua ricerca tra le più originali e dinamiche del momento, acquista il significato di omaggio al giovane artista marchigiano che ha saputo attualizzare lo specifico pittorico depurandolo dell’aspetto narrativo-rappresentativo e salvandone i valori qualitativi. Nel far dialogare tradizione e neoavanguardie, con atteggiamento critico-progettuale e sapienza manuale, Carboni è riuscito a conquistare un linguaggio personale che coniuga figurazione-astrazione-concettuale. Dalla cosiddetta “nuova astrazione”, dominata dalla componente teorica, nel ‘94 è approdato ai “ritratti” (di organi sessuali) su tele estroflesse assemblate, ai “dipinti graffiti” e alle successive esperienze tridimensionali, libero dai rigidi schematismi che soffocavano l’individualità e pronto a sfruttare il suo segno quasi gestuale, persuasivo e irriverente, svincolato dalle trame meccaniche per formalizzare-oggettivare le spinte pulsionali. Nell’esplorazione dell’interiore è giunto al ciclo sui “teschi”, presentato alla Galleria Spatia di Bologna, dove ha radicalizzato quel senso di decadenza e di morte culturale che affiorava da certe opere precedenti. Qui l’intensità drammatica è alleggerita dalla costante analitico-ironica. Resta sempre viva la sua sensibilità poetica, che da sola giustifica ogni scelta, veicolata da immagini eleganti e misteriose, tra memoria storica e palpitante attualità.

Luciano Marucci

 [«Juliet» (Trieste), n. 77, febbraio-marzo 1996, p. 67]