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FANO

La duplice mostra nella città marchigiana, accomunata dal titolo “Sacro Fauno Profunny a Fano”, ha offerto a Luigi Ontani un nuovo stimolo per far spaziare il suo prolifico e versatile immaginario e per presentare al meglio certa sua produzione. Nella ristrutturata Galleria Astuni sono stati esposti pregevoli acquerelli, realizzati per interpretare visivamente un testo poetico di Gian Ruggero Manzoni (riportati nel volume “L’abbraccio dell’Io”), tableaux vivants e altri grandi lavori a due e tre dimensioni (legittimati dalla presenza di Renato Barilli accorso per raccontare la nascita e la crescita del suo pupillo conterraneo). Parallelamente, presso la Chiesa di Sant’Arcangelo sono state elegantemente ambientate opere di vario genere nella valorizzazione della sacralità del luogo: da quelle fotografiche con interventi manuali alle rassicuranti ermestetiche a grandezza d’uomo, ad alcune misteriose maschere. Lungo i muri perimetrali sono state poste le stazioni (in ceramica policroma) della Via Crucis (appena sfornate dalla Bottega Gatti di Faenza) ideata da Ontani appositamente per questo evento: versione certamente tra le più originali in cui il protagonista è sempre l’autore che incarna, con nobile compostezza, i momenti del Calvario. Al vernissage animava la scena l’artista, come un’erma vivente (mentre l’insieme era armonizzato dalle note di un’arpa che suonava musiche di Haendel), poi esaltato sull’altare... dai celebranti Italo Tomassoni e Gian Ruggero Manzoni. Dunque, un percorso rivissuto narcisisticamente con sensibilità e raffinatezza, che ha confermato la capacità di sublimare-divinizzare ogni aspetto fisico-erotico, passando con naturalezza dalla dimensione terrena a quella celeste, dal soggettivo all’universale. Un caso di felice integrazione tra la struttura architettonica di una chiesa sconsacrata e nuove icone, oltre che un appuntamento utile ad evidenziare la continuità del lavoro di Ontani offerto a nuove letture, la complessità e la spregiudicatezza di una ricerca, spiccatamente personale, in bilico tra recupero del passato ed esplorazione di altri territori linguistici e contenutistici che fanno di lui un leader dell’attualità artistica in costante ascesa. Tra l’altro, l’impersonificazione-mitizzazione, sempre più convinta, gli consente di evitare artificiosi diaframmi e di rendere più vitali e accessibili le metafore, che parlano di culture lontane e di tabù, suscitando profonde sensazioni alleggerite da combinazioni ironico-concettuali. Il catalogo, con testi critici di Roberto Vidali, Giordano Fanzoni e un’intervista con risposte visive, non è che il prolungamento, documentativo e creativo, dell’intera operazione.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 89, ottobre-novembre 1998, pp. 77-78]