Home arrow Viaggi nell'arte arrow Transiti arrow Dino Sileoni (n. 91/1999)
PDF Stampa

ASCOLI PICENO

Nella personale al Centro d’Arte l’Idioma il tolentinate Dino Sileoni con un buon numero di lavori piuttosto diversificati ha dimostrato che si può fare un’arte fortemente autobiografica legata al proprio ambiente di vita, senza isolarsi dal contesto delle esperienze linguistiche più trasgressive di oggi. Un’arte vitale che non vuole recidere le radici perché sostanziano la connotazione del luogo da cui essa trae ispirazione. L’artista giunge così ad un procedimento che egli stesso definisce “amodale”, cioè non codificato e non programmato; irriverente verso generi e tecniche abituali. Quindi, riesce a combinare, con audace naturalezza dadaistica, segno e citazioni poetiche a materiali extrapittorici (di scarto o prelevati dall’habitat più naturale che urbano); a visualizzare espressioni letterarie; a comporre e decostruire; a creare soggetti-oggetti deperibili e ad improvvisare performances per sottolineare soprattutto il suo interesse per la poesia. Ci mette, dunque, di fronte ad opere libere da regole e condizionamenti, apparentemente incoerenti, ansiose di comunicare attraverso la provocazione ironica e, al tempo stesso, drammatica. I manufatti in definitiva condensano comportamenti e concetti che finiscono per prendere il sopravvento sull’aspetto puramente estetico a cui spesso lo sguardo è asservito. Lasciano individuare certe costanti e motivazioni di fondo, ma non sviluppi futuri.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 91, febbraio-marzo 1999, p. 73]