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URBINO

Opere dell’ultimo decennio di Emilio Tadini sono state presentate nelle Sale del Castellare di Palazzo Ducale, a cura di Bruno Ceci e Flaminio Gualdoni, in collaborazione con il gallerista milanese Giò Marconi. I dipinti, relazionati con gli armoniosi spazi rinascimentali, appartenevano ai cicli “Profughi” e “Il ballo dei filosofi” (composti da trittici), “Natura morta” e all’ultima serie sulle “Fiabe”. La mostra, accompagnata da un bel catalogo, ha consentito di rivisitare passaggi tra i più significativi di un autore atipico che ha scelto consapevolmente la difficile via della ‘pittura’, sfidando secoli di nobili esperienze e le spregiudicatezze della cosiddetta modernità. Al di là dell’esperto uso del medium, contribuisce a connotare la sua orgogliosa individualità l’impegno di intellettuale che lo porta a dialettizzare, con coscienza storica e moderato atteggiamento critico-competitivo, con il contesto contemporaneo, non sempre costruttivo, e ad indicare vie alternative. Tadini ingloba nella pittura altre discipline del suo mondo culturale di matrice prevalentemente europea: letteratura, musica, teatro, psicologia... Opera con lucidità, tra citazione e invenzione, seguendo certi ideali e nel rispetto delle conquiste del passato. Non si trincera nello specifico per esibire il virtuosismo dell’esercizio manuale e non si ferma a sfruttare gli esiti qualitativi della raggiunta maturità. Le opere, infatti, si manifestano come sequenza in progress di immagini pensanti e in movimento concitato nello spazio metafisico. Si giovano di una cifra stilistica definita, riscontrabile nel segno, nel colore e nella strutturazione funzionale alla caratteristica iconografia. In fondo l’artista, pur ricevendo stimoli dal presente, elude il reale con l’estraniante figurazione fiabesca ricca di metafore, colti rimandi e  illogicità dadaistiche. Il racconto frammentato, basato sul paradosso e il grottesco, resta sospeso nel mistero, ma lascia intuire una trama narrativa che riflette il dramma esistenziale e la problematicità degli  accadimenti del nostro tempo.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 95, dicembre 1999-gennaio 2000, p. 76]