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ANCONA

I funzionali spazi della Mole Vanvitelliana sono stati occupati per due mesi da un’ennesima edizione del Premio Marche che alla forza della continuità accoppia la tenacia di restare ancorato a standards di qualità mediocre e, a conti fatti, finisce per avallare e promuovere il cattivo gusto. La Commissione, composta da Luciano Caramel, Enrico Crispolti, Silvia Cuppini, Domenico Guzzi e Claudio Spadoni, ha selezionato quarantacinque artisti ai quali sono stati aggiunti i marchigiani R. Bersaglia, M. Bragaglia (con una pregevole opera video), C. Candelaresi, E. Gambioni, L. Pennacchietti, premiati nella rassegna regionale dell’anno precedente. Come consuetudine, due le mostre speciali, dedicate stavolta a Omar Galliani (a cura di Italo Tomassoni) e a Manlio Marinelli (a cura di Luigi Dania). Anche a voler essere ottimisti, sinceramente le Nuove emergenze degli anni ‘80 e ‘90 non si vedevano. Le opere interessanti si potevano ridurre a quelle di Michele De Luca, Marco Cingolani, Matthias Biehler, Matteo Basilé, Gabriele Lamberti, Luca Piovaccari e di qualche altro. Il resto andava dimenticato subito. Dominava su tutti l’ampia personale di Galliani che si è impegnato al massimo presentando opere di grande respiro attraverso un percorso che rivisitava la sua storia creativa dal 1974 all’ultimo ciclo sui “Mantra” in cui l’artista emiliano “elabora un confronto testuale tra parola scritta ed immagine, sospeso tra visione e filosofia”. Ormai queste grandi e anonime collettive non valgono nemmeno la pena di una visita, basta guardarle in catalogo. Come al solito ricco di interventi critici e di immagini quello edito per l’occasione da Mazzotta.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 96, febbraio-marzo 2000, p. 71]