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ROMA

Le recenti ‘uscite’ di Aldo Mondino, prima con l’esposizione alla 1000Eventi di Milano, poi da Sperone, hanno colto di sorpresa, pur rimanendo coerenti con le sue ‘ghiotte trovate’ ironico-visivo-concettuali, sia per l’uso di coloratissimi cioccolatini-pixel, con cui ha composto  spontanei quadri-mosaico, sia per la freschezza linguistica da far invidia ai più giovani operatori visuali senza storia alle spalle. Nelle due  esposizioni l’artista si è riallacciato all’antica tradizione tecnica ed iconica ed ha rivisitato, alla sua maniera giocosa ed arguta, gli insegnamenti accademici ricevuti negli anni Settanta a Parigi alla Scuola di Gino Severini. Complici la sua istintiva volontà di tenersi costantemente fuori dagli schematismi e la Ditta Peyrano di Torino che ha prodotto per fini artistici i gianduiotti dalle classiche forme, questa volta esibiti s-composti e denudati per sfruttarne pure la finzione, senza però annullare le potenzialità energetiche... Colpisce soprattutto il fatto che alla base del dinamismo creativo sia ancora e sempre il grande amore per la ‘pittura’, magari contraddetta con sostanziali, vivificanti innovazioni, ma mai dissacrata. Ecco allora che l’ultima personale romana di Mondino, in attesa del grande evento di primavera voluto da Vittoria Coen per la Galleria Civica d’arte Contemporanea di Trento, nonostante la raggiunta maturità dell’inquieto personaggio, ha rappresentato una delle novità più significative della stagione. L’esposizione è risultata festosa e luminosa, magica, poetica e gustosa... in più sensi; essenziale ed estraniante, con quegli ‘oggetti pittorici’ alle pareti bianche: dall’allusiva, didattica, sfavillante e mistica architettura del Byzantine World alle sagge e misteriose manipolazioni dei ‘frammenti cromatici’ per creare tonalità simboliche, ai sublimati ‘ritratti’ laicamente santificati di Platone e  Aristotele, dall’audace gesto del Torero che rimanda alle mai placate passioni dell’autore-attore, alle levitanti movenze del Danzatore rapito dal colore e dalla sua musicalità. Insomma, tanta meraviglia in cinque quadri!

Luciano Marucci

 [«Juliet» (Trieste), n. 96, febbraio-marzo 2000, p. 78]