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SAN BENEDETTO DEL TRONTO

Per la sua esposizione alla Palazzina Azzurra nell’ambito dell’operazione “Marzo è donna”, Lisa Ponti si è rapportata con il suggestivo ambiente situato tra l’azzurro del mare e il verde delle palme, peculiarità paesaggistiche che distinguono la città rivierasca. Ha creato cinque “stanze” tematiche: …di San Benedetto, …della notte e del giorno, …del viaggio e del mondo, …della casa e del cuore, …di marzo. L’insieme si configurava come una sorta di ‘collettiva-personale’ di piccoli lavori, contraddistinti dall’unità di stile, data dalla convergenza di scrittura, disegno, collage e pittura in speciali cornici tutte uguali, facenti corpo con quanto esibito all’interno. Altra caratteristica piuttosto singolare: la capacità di rendere visibile la componente concettuale - intelligente e al tempo stesso elementare - resa con misurata ironia e poesia. Dall’insieme delle opere, allestite con rigore e purezza, si avvertiva una gran voglia di fare e il tentativo di voler uscire dalla convenzione di una produzione di maniera. Lisa usa il colore in modo non descrittivo e un segno-idea, tagliente e sintetico, che interagisce con le altre componenti. Ha detto più di una volta di pensare e disegnare “per scintille” e di considerare i suoi fogli come “lettere a sorpresa”. Quanto esposto è nato “al momento, dall’evento, dal luogo, dalla gente, dal caso…”. Da qui la freschezza della mostra.  È ancora possibile oggi scoprire in un centro di provincia un artista che merita di assumere il ruolo di protagonista? Forse sì. Un caso, per molti aspetti emblematico, è quello dell’ascolano Terenzio Eusebi che in questi ultimi tempi si va imponendo all’attenzione di galleristi e critici. La mostra alla Palazzina Azzurra, accompagnata da una bella monografia dove significative immagini sono state relazionate a testi poetici di Gian Ruggero Manzoni e a saggi di vari autori, ha offerto l’occasione di apprezzare, in particolare, la qualità dell’ultima produzione di un operatore dalla sicura vocazione pittorica, manifestata nella sapiente combinazione di segno e materia-colore, ma anche nell’uso di certi materiali eterogenei o nella sperimentazione della terza dimensione con il vetroresina manipolato fino a neutralizzarne la fisicità. Un’opera, la sua, in cui l’innegabile sensuosità non è disgiunta dall’indagine interiore e dalle problematiche esistenziali dell’uomo contemporaneo. Tutto ciò che affiora in superficie, sebbene stimolato dall’esterno, non si fa contaminare dalla realtà materiale. Quindi, emergenze arcaiche e memorie personali sono associate a presenze inquietanti e pre-visioni, tra religiosità laica e casto erotismo. Così le metamorfiche immagini-simbolo,  spesso libere da forze di gravità, non sono assoggettate ad un ordine logico, proprio come nel subconscio.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 103, giugno 2001, p. 71]