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BRUXELLES

Enrico T. De Paris nell’ampia personale all’Artiscope Gallery ha presentato “Laboratory” (esposti in anteprima nell’“Italian Factory” della 50ma Biennale di Venezia), “Flussi” e “Organic”: tre serie di opere che evidenziano in pieno la sua cifra stilistica e il suo straordinario universo immaginifico. Installazioni multimediali interattive con l’uso di materiali e apparecchiature della nostra era elettronica; originali tele dai soggetti indefiniti e acquerelli su sagome di carta con ‘figure’ e astrazioni dagli accesi cromatismi. L’insieme, da un lato dimostra la vena iperfantastica dell’artista, la capacità di emozionare ogni elemento e di comunicare la sua marcata soggettività; dall’altro come egli sappia assemblare le diverse componenti con rigore. Poiché l’autore subisce il fascino della tecnologia avanzata e ha il gusto di esternare pulsioni creative anche attraverso i pasadossi, al primo impatto il suo lavoro può sembrare unicamente evasivo, fiabesco e autoreferenziale; che si diletti a dare sfogo a pulsioni creative e voglia stupire con i paradossi. In verità, quei racconti frammentati, così spontanei, giocosi e illogici, sottendono una valenza ideologica e partecipazione critica alle problematiche più complesse e vitali della quotidianità, come ad esempio, quelle della bio-genetica e delle migrazioni sociali. E stimolano l’osservatore a riflettere sul destino dell’uomo. Emblematici i silenziosi omini, chiusi nelle ampolle di microcosmi estranianti, che vagano verso un altrove privo di certezze. Esprimono l’inquietudine dell’individuo costretto a seguire il ritmo di un mondo caotico, spesso senza anima. L’esposizione è documentata da un bel catalogo con testi di Alessandro Riva e dello stesso autore.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 116, febbraio-marzo 2004, p. 71]