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MARCHE

Il ritorno di Carla Mattii alla Galleria Franco Marconi di Cupramarittima, nell’ambito del White Project di Mario Bianchini,  coincide con i suoi nuovi approdi. Le opere bi-tridimensionali e i lightbox esprimono la volontà dell’artista di espandere la ricerca, ormai caratterizzata non solo visivamente. Forma-colore-segno fanno corpo con l’immagine; de-compongono un campionario che sembra uscito da un laboratorio di ingegneria artistico-scientifico, avendo come ‘cavie’ fiori e piante allo stato germinale o in rapida crescita. Da innesti, associazioni e deformazioni derivano sensuosi e inquietanti ibridi vegetali-animali assimilabili a mutazioni genetiche. I lavori sono ottenuti con il mezzo fotografico, sofisticati interventi manuali di chirurgia estetica… ed elaborazioni informatiche; sono frutto di un processo di sintesi tra natura e artificio, verità e finzione, progettazione immaginaria e razionalità costruttiva. Lasciano intuire il procedimento formativo, restano allo stato di ipotesi e avviano un confronto tra invenzione irreale, flora esistente e possibile futuro. In definitiva, gli ‘esemplari’ confezionati esibiscono un’iconografia alternativa a quella abusata, generano un estraniamento e stimolano a scoprire anche le intenzioni etiche di certe manipolazioni da cui sorge una ‘natura seconda’, ambigua ed elegante, instabile e vulnerabile.

A questa personale ha fatto seguito il binomio giovanile Cristian Frisoni e Maurizio De Feo, con una mostra di dipinti accomunati da un “senso di solitudine permanente”. Il primo ha esibito immagini di individui sofferenti per una difficile condizione esistenziale; l’altro “autoritratti sociali” che reinterpretavano, ironicamente e con atteggiamento di denuncia, particolari ritagli di rotocalchi.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 118, giugno 2004, p. 73]