Home arrow Viaggi nell'arte arrow Transiti arrow Piero Pizzi Cannella (n. 121/2005)
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ROMA

Quella di Piero Pizzi Cannella vuole essere un’opera decisamente bidimensionale, senza distinzione tra figurazione e astrazione; contemplativa-evocativa-poetica; fondata su capacità creative e tecniche che permettono di sfruttare le qualità più sensibili della materia-colore, del segno e perfino la gestualità delle mani in pasta... Nonostante certe affezioni, non è mai monotona e retorica, perché vissuta, essenziale, intensa e leggera. L’artista, che aveva ben evidenziato la sua identità nell’ambito della Nuova Scuola di Roma, ha sempre operato per il piacere di fare-arte seguendo le pulsioni della sua forte vocazione pittorica e grafica. Passa da un’opera all’altra e attraversa i cicli evitando vistosi salti. Ora, però, ha compiuto un viaggio avventuroso, un volo sorprendente verso “Le Mappe del Mondo”, presentate al Teatro India, per volere di Giorgio Albertazzi (direttore dei Teatri di Roma), in una sorta di installazione, dove dieci grandi quadri (3x8 metri), annunciati da una serie di studi preparatori, erano disposti alla sommità delle ampie pareti relazionandosi perfettamente all’ambiente disadorno. Così è approdato sul pianeta della tematica senza mezzi meccanici, ma con quelli usuali della manualità. Le forme oggettive di continenti, oceani, isole e città sono state contaminate e trasfigurate dai suoi modi linguistici e dall’immaginario; dall’intrusione di note presenze simboliche; dall’uso dei suoi cromatismi e disegni; da numeri, nomi, appunti, bandierine e altre componenti inedite funzionali all’assunto. Quindi, ha reinventato terre, mari, cieli e culture lontane, proponendo nuovi paesaggi geografici e tracciando percorsi con assoluta libertà espressiva, con impegno e abile disinvoltura. Il tutto con una punta di raffinata ironia che aiuta a trascendere dal reale. In quelle mappe pittografiche la superficie dei quadri si è dilatata ulteriormente e le sagome della geografia sono divenute pretesto per sconfinare; luoghi di partenze, fissati nell’atlante della memoria, praticabili solo mentalmente. L’evento ha offerto all’artista l’opportunità di esternare pienamente il suo rapporto con il Mondo e la sua idea di arte; di universalizzare la dimensione intima. E Bonito Oliva, nell’originale e documentato volume-catalogo dell’esposizione (Ed. Gli Ori, Prato), ha saputo analizzare ogni aspetto del lavoro di “Pizzi il nottambulo”.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 121, febbraio-marzo 2005, p. 77]