Home arrow Viaggi nell'arte arrow Transiti arrow Alfredo Pirri (n. 131/2007)
PDF Stampa

ROMA

A distanza di due anni Alfredo Pirri si è ripresentato alla Galleria Oredaria con un’altra esemplare personale per ‘comunicare’ gli esiti delle recenti esperienze e relazionarsi diversamente con l’ambiente costruendo perfino una lunga, regale ‘parete pittorica’ rosso porpora, che faceva corpo con una serie di grandi acquerelli d’ispirazione musicale, incastonati in minimali cornici da lui disegnate. Un percorso espositivo, apparentemente convenzionale, che portava alla scoperta di altri raffinati lavori, a due e tre dimensioni, i quali interagivano elegantemente con la particolare struttura architettonica, creando un’atmosfera magica. Al di là dell’indubbia qualità delle realizzazioni osservate singolarmente, a cui non sono estranee le invenzioni tecniche, dalla mostra traspariva il bisogno, ormai programmatico, di dialettizzare con il contemporaneo per proporre un modo di fare arte fondato sulla continua sperimentazione di sensibili mezzi linguistici capaci di esprimere con leggerezza una forte soggettività e, a un tempo, rigenerare valori del passato per certi aspetti essenziali. L’articolato e originale progetto di Pirri - praticato con assoluta indipendenza, genialità di stampo rinascimentale e attenzione scientifica - tende a ridare attendibilità e funzione all’arte superando forme obsolete ed esplorando dimensioni inedite. L’artista, in sostanza, fa un uso sapiente di elementi culturali, tecnologie e materiali tra i più idonei a tradurre il suo concetto di bellezza non decorativa, proveniente dalla classicità, dove perfezione d’esecuzione, equilibrio delle parti e carica ideale sono fondamentali. In tutto questo l’immaginario rappresentato assume il ruolo di evocare luoghi intangibili e poetici; mentre la fisicità dell’oggetto estetico può essere vista come momento iniziale per trascendere e, nel contempo, emozionare e sollecitare l’introspezione.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 131, febbraio-marzo 2007, pp. 96-97)