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ASCOLI PICENO

La galleriaInsieme di Anna Laura Petrucci, affiancando al design l’attività espositiva di arti visive, recentemente, con la partecipazione di Lucrezia Di Domizio, ha attuato iniziative tendenti a divulgare nel Piceno il pensiero e l’opera di Joseph Beuys, il mitico artista tedesco (scomparso nel 1986), che aveva lasciato importanti tracce anche in Abruzzo, dove la Di Domizio e il marito Buby Durini erano riusciti a organizzargli più incontri pubblici, tra cui una dimostrazione per la “Difesa della Natura”. Un impegno meritorio, anche se nella mostra ascolana, che supportava altri eventi conoscitivi, il personaggio era rappresentato soprattutto da edizioni seriali e da immagini fotografiche di Buby, peraltro pregevoli. Al di là dell’efficacia di rivisitazioni come questa, cosa rimane oggi del campione dell’arte europea capace di contrastare l’egemonia americana capeggiata da Warhol? È vero, con la scomparsa dello sciamano è venuto a mancare il performer, il filosofo che interagiva con l’alchimia della produzione ‘oggettuale’, ma resta pur sempre la magia di tanti capolavori grafici, pittorici e plastici; significative installazioni e azioni simboliche; originali multipli e repliche differenziate concepiti come mezzi (non feticistici) di comunicazione; lavagne con le ‘partiture’ delle discussioni... Beuys esiste ancora nei messaggi dai profondi contenuti umani e spirituali; negli sviluppi della creatività delle giovani generazioni... Insomma la sua opera, pur orfana, parla ancora, sebbene con voce sommessa, di alti ideali, di salvaguardia ambientale, organicità di tutti gli elementi dell’ecosistema, unificazione delle energie terrene e celesti. Chi non ricorda, ad esempio, le sue dominanti presenze alle Documenta di Kassel e alle Biennali di Venezia? Non a caso, specialmente dopo la sua morte, non si parla più di Avanguardia; si avverte la mancanza di certe ideologie, di un leader che rivendichi l’autodeterminazione dell’uomo e dedichi la propria esistenza a plasmare la “social skulpture”. Per lui liberare gli individui dai condizionamenti esterni era fondamentale per far emergere la creatività che è in ognuno e costruire un nuovo mondo. Basti rileggere alcuni suoi slogan: “La verità è nella realtà e non nei sistemi”; “Art ↔ Society”; “Kunst = Capital”; “La rivoluzione siamo Noi”. Allora possiamo dire che Beuys - autentico mostro sacro dell’arte contemporanea - vive ancora tra noi, anche se la sua utopia è divenuta meno concreta. Non importa se all’ultima ArteFiera di Bologna non c’erano suoi lavori. Meglio ritrovarlo nella complessità, nella purezza e nell’indipendenza del suo fecondo, poetico e altruistico immaginario; nel senso del suo trasgressivo, democratico progetto globale fuori dal contesto consumistico. Per fortuna, molte sue straordinarie testimonianze sono già al riparo dal commercio privato nelle istituzioni museali internazionali.

Luciano Marucci

 [«Juliet», n. 132, aprile-maggio 2007, p. 87]