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PESARO

Un’altra occasione espositiva, quella al Centro Arti Visive Pescheria, che ha confermato le insolite potenzialità di Alfredo Pirri, il quale ha saputo trasformare l’ex chiesa del Suffragio in una maestosa opera d’arte totale “Come in terra così in cielo”. In una sorta di cattedrale laica il pavimento di specchi rotti rifletteva le immagini e riverberava sulle pareti perimetrali mutevoli forme e segni di ombre provocati dai “Passi” del pubblico. Un’installazione sui generis, frutto di una perfetta interazione con lo spazio architettonico, capace di restituire l’originaria sacralità a un luogo profanato in passato dal mercato ittico, esaltata pure da sei grandi acquerelli a sviluppo verticale che aprivano finestre immaginarie amplificando i valori simbolici. Nell’atmosfera raffinata e lirica, che rimandava alla classicità, la loro ascensionale, silenziosa musicalità un tempo funzionale alla preghiera e alla percezione contemplativa, veniva infranta dall’inquietante rumore generato dalle crescenti crepe prodotte dagli specchi calpestati. Non dichiarata, ma inevitabile, la riflessione di natura ideologica, data dalla compostezza dello spazio atemporale proiettato verso il divino, a cui si contrapponeva la frammentarietà e l’instabilità del presente, svelando, tra l’altro, la tangenza di Pirri alla realtà sociale. Così lo specchio dell’arte finiva per identificarsi con il mondo e contemporaneamente ribadiva la condizione di solitudine dell’opera. Nel porticato adiacente la chiesa erano state allestite le “Stanze della memoria”, percorso creativo in quattro significativi momenti della ricerca dell’artista che, in senso orizzontale, si legava strettamente alla prima realizzazione: la “Stanza di Penna” del 1999, intima installazione in omaggio al poeta; “Dove, Come, Quando, Perché”, documentazione visiva dell’opera permanente del 2005 presso la sala di rianimazione di un ospedale romano; “Parole” del 2006 per la Maison Européenne de la Photographie di Parigi; l’ultima con una serie di acquerelli associati a disegni preparatori e un ‘modello’ riferiti alla mostra. Il tutto ben motivato e illustrato in un catalogo curato dall’artista stesso per Hopefulmonster. L’esemplare intervento, senza dubbio il più geniale tra quelli attuati in dieci anni di vita della Pescheria da Ludovico Pratesi, prova che per la prossima Biennale di Venezia, a ben guardare, ci sarebbero stati altri artisti italiani in grado di onorare il nostro Paese.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 133, giugno 2007, p. 94]