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Quadreria. LUCA MARIA PATELLA

Studio Planita - Roma

maggio-giugno

 

Seguo da vicino l’avventura umana ed artistica di Luca Maria Patella fin dagli anni ‘60, da quando, cioè, è iniziata l’evoluzione del suo lavoro creativo. Le sue intuizioni (grafiche, foto-cinematografiche, comportamentali-landartistiche) erano state così precoci, dinamiche e interdisciplinari da sembrare esperienze puramente sperimentali o, comunque, più mentali che oggettuali per essere facilmente accettate nel contesto delle tendenze coeve spesso intente a dare eccessiva importanza allo specialismo e troppo o poco al linguaggio. Le sue innovazioni “senza peso” per molto tempo erano state viste solo in superficie, magari più per le trasgressioni tecniche, e anche quando era passato oltre per affrontare altri campi con l’impegno che lo distingue, in cerca di verità sempre più profonde, nell’area poverista era considerato quasi un “tecnologico”, mentre negli anni del “concettualismo asettico”, troppo “caldo”.

La mostra da Vitolo a Milano, riproponendo le tele fotografiche colorate sulla “Misurazione delle terre” e sulle “Analisi di comportamento”, realizzate trent’anni fa, ha dato modo di rivalutare la freschezza di alcune sue anticipazioni.

Patella anche successivamente  ha continuato ad operare “fuori tempo” (per gli altri, s’intende). Si pensi alle opere scritturali, ai saggi psicanalitici su testi letterari, alle vitalistiche opere oggettuali-concettuali, all’insolito uso del media informatico e alle acute investigazioni sulla realtà virtuale. Oggi, forse proprio per le sue insistenze fuori dai gruppi organizzati e grazie alle motivazioni della sua opera, gli vengono riconosciuti i meriti della sua individualità.

Guardando ai contenuti, si può dire che negli ultimi tempi, l’indagine si sia orientata più decisamente verso gli spazi dell’interiore per visualizzarne l’estremo limite. È emerso l’interesse in-consapevole per la trascendenza ed è diventato più vistoso il ricorso alla metafora e alla componente ironico-giocosa (che, tra l’altro, nasconde un vissuto dramma esistenziale). Ma la più grande ambizione di Patella è di voler essere nella “logica del Tutto” per cogliere la complessità del reale ed anche per questo tende ad una sorta di perfezionismo creativo che lo porta ad una ri-elaborazione manuale-mentale per non lasciare niente al di fuori dell’opera, senza però reprimere l’immediatezza che gli viene dalle pulsioni interne. Ottiene così un prodotto ad alta densità di significati che ricorda quello di certi pittori e letterati del passato.

Patella è stato certamente tra i primi a riscoprire l’importanza del ready-made per superare l’arte di “gusto”, ma è andato oltre Duchamp introducendo quell’analisi psicologica che gli è congeniale e sfruttando gli altri strumenti culturali del nostro tempo con cui egli dialettizza. In tal modo si è spinto spericolatamente verso “l’arte che non c’è”, per essere dentro e fuori i confini dell’arte stessa. È qui il caso di puntualizzare che in lui niente è citazione, perché ogni prelievo dal passato entra nell’opera come materiale da costruzione, elemento di linguaggio. Quanto meno si tratta di un ripartire dall’esistente per espandere concettualmente l’uso del ready-made per crearne uno nuovo, soggettivato. Egli, quindi, muove da certa Storia mettendo in intima relazione l’Io col mondo per scoprire il vero senso dell’arte in rapporto all’umano e viceversa.

Con il titolo “Vasi, Cristalli, e un Gatto” l’artista ha presentato allo Studio Planita alcune esemplari opere del suo percorso di questi ultimi anni, ma non in forma “rassegnata”, riuscendo ancora una volta a stupire con le sue “sagge” ideazioni.  Le ha relazionate e animate con una tavola rotonda-performance  in “Quattro quarti di Orologio Umano e ready maid svelata” presentando creativamente il libro-opera “Palma di mano” - ‘Poema da quadrivio’: singolare edizione (in tiratura limitata, progettata  5 anni fa), dalla forma del “fondo schiena” di una nota soubrette televisiva, con componimenti porno-mistici, opere fotografiche, “disegni” e una cassetta registrata con poesie lette da Luca e un mio dialogo con lui. Il tutto racchiuso in uno “scrigno” di raso rosso.

Seduti intorno ad un tavolinetto-opera di Patella (“Red-made con Erpegne”), Bruno Corà, Gabriele Perretta, Maria Grazia Tolomeo Speranza e una performer nuda (“Ready-maid”: ragazza pronta, svelata...) - che doppiava fisicamente la soubrette (assente dalla capitale) e rappresentava l’inconscio di Luca - si sono addentrati nelle parti più intime del “libro” e nel pensiero di Patella il quale, mescolato al pubblico presente, di tanto in tanto, interferiva “recitando” le sue poesie, mentre un “Gatto parlante” dalla parete gli faceva eco... Gli interventi performantici sono stati  pubblicati, mentre il relativo film esplicativo-creativo è stato visionato anche al “Festival Internazionale del Video e delle Arti Elettroniche” di Locarno.

Per l’autunno, nel Laboratorio dell’Università La Sapienza di Roma, l’artista esibirà due suoi “letti” giganti, “Wrong e Right  Bed” (la cui costruzione - sorta da una speculazione sull’inconscio di Duchamp proiettato in “Apolinère enameled”  - è stata programmata con l’ausilio dell’informatica), mentre un video-computer illustrerà la teoria ideale alla base di essi.

Una riprova dell’ampio raggio d’azione di Patella è data anche dalla partecipazione  alla mostra “Jeans energie” a Parigi e a New York che sulla copertina del catalogo riproduce una sua opera “magrittiana”: “Ceci est un vrai jeans!”.

Luciano Marucci

 («Next», a. X, n. 32-33, autunno-inverno 1994-1995, p. 194)