Home arrow Viaggi nell'arte arrow Transiti arrow Manzoni / Accardi (n. 99/2000)
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FANO

Tra le citazioni adottate da Gian Ruggero Manzoni per il catalogo (Edizioni Essegi) della sua mostra “Eroi barbari”, tenuta presso la Galleria Astuni, c’è quella di Jean Dubuffet, “Nell’Art Brut riscopro la prismaticità del mio essere nella realtà e nella follia; ogni uomo è mille altri”, che calza a pennello per un intellettuale a tutto tondo come lui: poeta, narratore, teorico dell’arte, conferenziere e, negli ultimi anni, pittore allo scopo di comunicare ancor più efficacemente. In questo impegnativo appuntamento ha messo a fuoco ritratti di “Piloti Aviatori Cosmonauti Motociclisti” dallo stile tra il neo-espressionismo tedesco, il graffitismo americano e il neo-pop, come “L’ultimo urlo di un secolo e di un millennio votato alla velocità, alla sfida e all’estremo”. Ovviamente, nei suoi quadri dal segno incisivo e dai colori vivaci usati con immediatezza quasi gestuale, si nota la continuità tra scrittura e pittura. Anzi, quest’ultima è complementare alla prima, come atto liberatorio non certo marginale e come scelta non teorica, nella convinzione che l’arte vada praticata non solo nelle vesti di spettatore, ma sia il mezzo per de-scrivere, cioè dare plasticità alle idee e al linguaggio. Manzoni fa una pittura fortemente motivata. Accoglie varie contaminazioni culturali, che metabolizza per far prevalere un linguaggio indipendente, riportando tutto alla sua viva e complessa natura artistica ed umana. Esce così dalla riservatezza della poesia scritta per essere ‘presente’ e assumere un atteggiamento addirittura provocatorio. Esaspera le verità col paradosso, diviene egocentrico e autodistruttivo, mitizzante e dissacratore; parla di decadenza, ma anche di speranza. L’iconografia non può che risultare ironica; narra comportamenti ‘popolari’ visti con gli occhi del progressista che però crede nella difesa delle identità territoriali e nelle radici culturali. (È evidente l’allusione alla spontaneità romagnola di cui egli è portatore sano...). Dunque, alle nuove tecnologie e all’invasiva globalizzazione l’autore non esita ad opporre la manualità e il pensiero critico proponendosi orgogliosamente come arcaico-contemporaneo.Continuando con l’annuale organizzazione di grandi mostre realizzate in collaborazione con Regione, Provincia di Pesaro Urbino e Comune di Fano, dopo Aldo Mondino e Luigi Ontani, la Galleria Astuni ha reso omaggio a Carla Accardi, regina dell’arte italiana, tra le poche donne ad aver raggiunto fama internazionale e il suo posto d’onore nei grandi musei. Come di consueto, l’esposizione è stata allestita in due spazi (la chiesa sconsacrata di Sant’Arcangelo e le sale della ristrutturata Galleria) ed era supportata da un pregevole volume-catalogo contenente un saggio di Achille Bonito Oliva e una poesia di Valentino Zeichen. “Pietrose distanze” - questo il titolo della mostra - presentava una trentina di opere di indubbia qualità dal 1968 al 2000, tra tele, sicofoil e, novità assoluta per l’artista, diciotto raffinate ceramiche policrome in altorilievo, realizzate con la consueta maestria dalla Bottega Gatti di Faenza con i segni-forma,  organici e dinamici, che emergevano dagli sfondi, stabilendo rapporti timbrici non squillanti, ma intimi e poetici. L’Accardi ha confermato di operare con spirito sperimentale nel campo dell’astrazione, evitando ogni evocazione figurativa. “Non è la prima volta che ripesco dal cassetto degli studi fatti in precedenza che avevo quasi dimenticato. Mi è stata offerta la possibilità di tradurli in ceramica; li ho elaborati ed ecco il risultato”. I pezzi dal perimetro irregolare, posti sul pavimento a disegni geometrici della chiesa, mostravano con discrezione la loro spiccata individualità.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 99, ottobre-novembre 2000, p. 72]