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MONSAMPOLO

Maria Grazia Torri ha dato vita ad un’operazione piuttosto insolita, dal titolo programmatico “KaleidoscopioUno-Gravemente insufficiente”, coinvolgendo gli studenti e gli insegnanti della Scuola Media in una operazione interattiva con 19 artisti (Basso, Campanella, Carrano, Cianciotta, Cini, Cravera, Eusebi, Falci, Lumini, Ortelli, Pangaro, Petronella, Piccioni, Puliafito, Quartana, Sol, Umbaca, Vaglieri, Voltolina) i quali, unitamente al critico, hanno  lavorato con le classi demitizzando il tradizionale concetto di opera e rompendo gli schemi d’insegnamento. Hanno dato così vita ad un progetto tendente a mettere al servizio della scuola la creatività e la cultura conazioni esemplari (non effimere) per stimolare gli studenti alla riflessione (su comportamenti spontanei, ecc.) e per implicarli nella costruzione dell’opera. In altre parole, hanno usato l’arte come campo didattico, dopo che dalle esperienze extrapittoriche essa era stata fatta uscire dalla cornice. E, tutto sommato, i ragazzi non sono stati strumentalizzati dagli artisti per fini puramente narcisistici. Di vari interventi nelle classi sono rimaste le “tracce”, la documentazione  (che poi è stata esposta) con una valenza estetica marginale. In verità, le ideazioni di molti partecipanti si ricollegavano a certi insegnamenti di Beuys, dell’Arte concettuale e comportamentale (che hanno ridimensionato l’aspetto decorativo del manufatto artistico) e richiamato alla mente i Laboratori per bambini attuati da Bruno Munari per vincere lo stereotipo e liberare la creatività individuale. Ma le convinzioni ideologiche della maggior parte degli operatori si sono formate sull’analisi dell’esistente (nel caso specifico la situazione “gravemente insufficiente” della scuola e delle arti visive). Da qui la necessità di  comunicare e finalizzare la pratica artistica per dirottarla dai soliti circuiti di un sistema obsoleto che specula eccessivamente sul prodotto creativo e lo consegna nelle mani dei mercanti, lo inchioda sui muri, lo incarcera nei musei, lo sottrae, cioè, ad una funzione più viva e diffusa. Molte delle proposte, in conclusione, potevano essere viste come un rinnovato impegno sociale dell’artista-intellettuale che vuole dialogare con la realtà e superare l’individualismo operando anche in gruppi aperti con atteggiamento progettuale e senso critico. Dal dibattito finale è emerso che l’impresa è riuscita solo in parte, anche perché non tutti hanno svolto il tema in classe rapportandosi con la struttura e che il percorso andrebbe continuato per mettere a punto ed estendere la metodologia.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 71, febbraio-marzo 1995, p. 61]