Home arrow Viaggi nell'arte arrow Transiti arrow Franceschelli / Boraso-Cadamuro-Noè (n. 78/1996)
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ANCONA

L’indagine di Elio Franceschelli parte da materiali solidi e liquidi (molle, collettori, casse, acqua, olio...) accomunati dalla loro destinazione d’uso. L’artista non tende ad utilizzarli per l’aspetto puramente visivo, oggettuale o figurale, né tanto meno per testimoniare le realtà da cui provengono. Le colonne e i quadri tridimensionali da lui realizzati sono modelli per la conoscenza di equilibri, la pausa di riflessione di momenti limite che sorgono dal confronto di entità opposte. L’opera, quindi, non può che essere il luogo d’incontro tra rappresentazione concettuale e percezione formale. In queste intenzioni va ricercata l’immagine più sensibile del lavoro di Franceschelli che trae da ogni esperienza nuove possibilità di sviluppo, sfruttando le energie che da essa generano. Nell’ultima produzione esposta alla Galleria La Virgola di Fabriano, a cura di Antonella Micaletti, l’artista orienta la ricerca dalla comunicazione prevalentemente estetica alla problematica esistenziale, affrontando interrogativi che lo coinvolgono più direttamente e spostando la dialettica verso termini di confronto più vitali.Tre artisti veneti, prima proposti singolarmente al Centro d’Arte l’Idioma di Ascoli Piceno, si sono ripresentati insieme nella sede di Perimetro Provvisorio a Monte San Vito. Si tratta di Rosanna Boraso, Massimiliano Cadamuro e Zita Noè. Se volessimo trovare in loro un denominatore comune, potremmo definirli “manipolatori”: la prima di fatti personali e condizioni socio-naturali; il secondo di architetture; la terza di volti umani. La Boraso, usando materiali del quotidiano, ricrea in maniera giocosa interni intimi, una sorta di habitat della memoria che esibisce, con insolita libertà espressiva, momenti di vita e storie sentimentali. Cadamuro, ispirandosi al restauro della Ca’ D’oro, ha ridipinto particolari in primo piano del famoso edificio della città lagunare fino a ricomporre l’intera facciata. L’opera-quadreria dai vivaci e assonanti cromatismi, tra realtà e immaginario, acquista un misterioso fascino tutto orientale che riecheggia fantasiosi mondi e avventurose narrazioni. La Noè continua la sua abile operazione cosmetica (strappi, combinazioni, deformazioni anatomiche e interventi pittorici) sulle stereotipate immagini pubblicitarie della cultura urbana, restituendo un  prodotto carico di intriganti ambiguità e di interrogativi sul senso vero dell’esistenza.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 78, giugno 1996, p. 62]