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S. BENEDETTO DEL TRONTO

Nazareno Luciani ha indubbia vocazione e fede pittorica. Continua l’indagine con passione, istintivamente, sia pure seguendo il proprio pensiero filosofico che lo porta a riscoprire il vissuto particolarmente legato all’ambiente naturale e agli affetti, senza porsi il problema dell’attualità e rimanendo fuori dalla competizione diretta. Ha scelto di esprimersi con il linguaggio dell’astrazione, ma dal contesto informale emergono vaghi riferimenti figurali capaci di accrescere l’evocazione. Quindi, sulle artificialità fa prevalere la necessità di dare forma estetica al suo mondo ideale-utopico. Non svelando fino in fondo il privato con la descrizione, lascia spazio all’intuizione e alla sensibilità dell’osservatore. I suoi quadri, autenticamente enigmatici, sono frammenti di un racconto indeterminato che trova un nesso nelle radicate motivazioni personali e nella “pittura” che di per sé diviene soggetto e acquista qualità alchemiche. Alla mostra allestita presso la Palazzina Azzurra non potevano mancare gli emblematici dipinti ispirati a “Billemì”: figura ibrida di animale – magica e libera, dalla forte identità - creata, o forse sognata, nel 2002, per vincere la solitudine esistenziale provocata dal diffuso materialismo e dalla fredda costruzione del manufatto. È il fantasma che lo accompagno nei suoi intimi viaggi, gli stimola l’immaginario e fa da medium unificante nei visionari brani della narrazione; il protagonista del subconscio, portatore di memorie lontane; una presenza animatrice anche quando scompare dalla scena. Luciani ha ormai stabilito con lui un ossessivo rapporto simbiotico, quasi reale, rasserenante pure quando, in certi momenti, appare antagonistico. Ha finito per identificarvisi e vivere insieme quell’habitat pittorico generato dall’energia inventiva e dalla sacralità dell’arte. Nella serie “Ripari” dell’ultimo periodo, dai grandi pannelli verticali, l’estraniante e magnetica ‘creatura’ rimane temporaneamente nascosta sotto percorsi di segni che si dilatano in forme più aggressive, simbolicamente luminose, alludendo a strade-territori, sulla cui sommità sbocciano spontanee ‘fioriture’ di colori che preludono ad altro.

Luciano Marucci 

[«Juliet» (Trieste), n.142, aprile-maggio 2009, p. 94]