Home arrow Viaggi nell'arte arrow Transiti arrow Gilberto Zorio (n. 145/2009-’10)
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BOLOGNA

L’impegnativa mostra di Gilberto Zorio al MAMbo, a cura del direttore Gianfranco Maraniello, ri-propone la produzione, dal 1966 a oggi, di uno dei più autorevoli e vitali esponenti dell’Arte Povera. Una scelta di opere esemplari relazionate fra loro e con lo spazio museale, senza seguire un ordine cronologico, per indicare soprattutto le costanti di una ricerca decisamente soggettiva e radicale, circolare e a un tempo animata da una costante tensione evolutiva, capace di assicurare freschezza linguistica e, quindi, di competere con le più attendibili esperienze del panorama artistico attuale. Nucleo centrale dell’esposizione la rielaborazione di un intervento di tipo architettonico: una sorta di torre misteriosa a pianta stellare con cinque punte (non percepibile direttamente, ma osservando il perimetro), che proietta energia unificante e rigenerante nelle altre aree del Museo e all’esterno delle sale. Il percorso - ben strutturato, essenziale e dinamico - focalizza chiaramente i momenti più significativi dell’avanzamento attraverso la trasformazione di forme aperte alle modificazioni; i soggetti che esibiscono i procedimenti tecnici e materializzano il gesto intenzionale; l’uso di materie diverse (terracotta, cuoio, bronzo, acciaio, pergamena, funi, materiali elettrici, resine, fosforo, solfato di rame...), di tecnologie inusuali (utili a produrre luci alogene, stroboscopiche e di Wood; fluorescenze e incandescenze; suoni; reazioni chimiche...), oggetti e apparecchiature funzionali alle ideazioni dell’autore (alambicchi, trasformatori, compressori, proiettori...). Il tutto per ottenere, con sensibilità contemporanea, dirompenti effetti primordiali, energetici e liberatori. Ecco allora la scelta di temi complementari; le simbologie arcaiche e le contaminazioni moderne; l’energetica stella (proiezione del cosmo nel nostro immaginario); la canoa (strumento di esplorazioni impossibili), il giavellotto (come protesi del corpo umano per spingersi oltre), il crogiuolo (originario mezzo di fusione). Ed ecco le “macchine irradianti” dall’espressività estrema, che tentano di superare limiti naturali, fisici e convenzionali; le realizzazioni metamorfiche, evocative e alchemiche che provocano negli osservatori un forte impatto visivo ed emozionale. L’insieme evidenzia la trasgressione dalla storia dell’arte non per negarla, ma per proseguirla con visioni in cui la dimensione antropologica si espande per dialettizzare creativamente con le enigmatiche entità dell’universo che abitiamo.

Luciano Marucci 

 

[«Juliet» (Trieste), n. 145, dicembre 2009-gennaio 2010, pp. 87 e 94 con riproduzione dell'installazione "Torre Stella di Milton Keynes", 2008]