Home arrow Viaggi nell'arte arrow Transiti arrow Alfredo Pirri (n. 147/2010)
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BOLOGNA

L’esposizione di Alfredo Pirri alla Galleria De’ Foscherari ha permesso di apprezzare gli approdi recenti di un artista tra i più interessanti del panorama attuale per unicità e circolarità della ricerca condotta con atteggiamento progettuale, genialità intuitiva ed esecutiva. Le sue intriganti realizzazioni si sviluppano da un pensiero filosofico, dalla sperimentazione di nuovi materiali e insolite tecnologie che non escludono la sapienza manuale, capace di rigenerare perfino la pratica pittorica e plastica funzionale all’autoconoscenza e alla comunicazione delle intenzioni. Così egli dà continuità anche alla tradizione artistica più attendibile e alle proprie conquiste esperienziali, facendo convivere, in un equilibrio instabile, valori della classicità e della modernità; componenti visive e concettuali. In sostanza riesce a stabilire un rapporto simbiotico tra l’Io, la Storia e la realtà fenomenica, rivolgendo particolare attenzione alle culture più vive del contemporaneo; a coniugare le conquiste della specificità con altre discipline, quali l’architettura, la letteratura e la musica. E dalle opere grandi e piccole, sempre ben definite, traspare una straordinaria complessità linguistica, levità e densità di contenuti. Ne consegue che ogni mostra evidenzia l’esito di una significativa investigazione. Rientra in questa logica in progress l’installazione Misura Ambiente, proposta negli spazi della Galleria bolognese, per certi aspetti in dialettica con quella allestita in precedenza nella Cappella della Tenuta dello Scompiglio di Vorno (Lucca), sede dell’Accademia omonima, dove, non a caso, Pirri aveva curato pure il seminario “Incontri d’armonia”. L’opera alla “De’ Foscherari” rappresenta un altro momento d’un lavoro su misura..., anche perché doveva essere adeguata a un ambiente urbano neutrale. Dalla de-costruzione della prima è stato strutturato un percorso a più livelli di osservazione convergenti, con la combinazione di elementi geometrici modulari dai raffinati e fluidi cromatismi luminosi che si espandono sul pavimento; opere tridimensionali di dimensioni limitate, dall’alchemica ed evocativa luce riflessa, emergenti dalle pareti e dagli angoli che le inglobano; “foto prospettiche”, poste all’ingresso, che mettono a confronto l’idea-base con drammatiche testimonianze della Shoah a celebrazione del “Giorno della Memoria” (27 gennaio, lo stesso dell’inaugurazione dell’evento). Il tutto finalizzato alla percezione verticale (anche della superficie calpestabile), del rigoroso e sensibile intervento dalla dignità museale.

Luciano Marucci 

 

(“Juliet” (Trieste), n. 147, aprile 2010, p. 87)