Home arrow Viaggi nell'arte arrow Transiti arrow Aldo Damioli / Maurizio Cannavacciuolo / Daniela Cavallo / coll. Naturacultura (n. 152/2011)
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ASCOLI PICENO

Il Centro d’Arte l’Idioma - la più attiva galleria privata del capoluogo - ha aperto il nuovo anno con due personali di rilievo: Aldo Damioli e, a seguire, Maurizio Cannavacciuolo. Il primo ha portato una serie di acquerelli dalle immagini piuttosto oggettive di paesaggi urbani con ordinati grattacieli, associati a verdi prati o a specchi d’acqua. Luoghi dall’atmosfera calma, irreale, dove la vita scorre serena. In sostanza l’artista, con atteggiamento vagamente concettuale, combina aspetti antitetici che caratterizzano certe città. Specialmente i suoi acrilici su tela, eseguiti con iperrealistica precisione, sono privi di spessore materico; svelano il piacere della perfezione e idealizzano la contemporaneità. Essendo statici, ad alta definizione e avvolti dal silenzio, si possono percepire come ritratti della moderna incomunicabilità. All’inaugurazione è stato presentato il calendario 2011, prodotto dalla locale Tipografia Tacconi, con dipinti su tela dello stesso Damioli scelti dal ciclo “New York Venezia”.

L’esposizione di Cannavacciuolo comprendeva opere di varie dimensioni, tutte di indubbia qualità, realizzate negli ultimi tempi. L’autore, dall’inconfondibile identità, all’inizio della carriera è stato sostenuto dal propositivo gallerista napoletano Lucio Amelio, poi da Gian Enzo Sperone, già attivo a Torino, Roma e, attualmente, a New York. La sua pittura è ben strutturata e di forte impatto, visionaria ed eccentrica. In essa entrano in gioco, in studiati accostamenti e sovrapposizioni, elementi contrastanti come citazioni colte e autobiografiche, invenzioni astratte e figurative. Cannavacciuolo, con esasperata manualità, in parte delegata, formalizza soggetti ricchi di dettagli e volutamente decorativi che inducono alla contemplazione lirico-simbolica, ma anche all’introspezione. Marco Colapietro di lui ha scritto: “…ha un gusto dell’eccesso, della ridondanza, dell’estremo che non sconfina mai nell’anarchia linguistica ma che è invece ordinato da una ferrea disciplina”. Una poetica complessa, dunque, nutrita di riferimenti storici impersonali che entrano in cortocircuito con le pulsioni interiori e la precarietà del vissuto; mentre il racconto frammentato e apparentemente illogico in-volontariamente viene ricondotto ad organicità visiva e mentale.

Presso Spazio NovaDea-Libreria Prosperi - alla terza stagione espositiva dal titolo Quid est veritas(?) - si è tenuta la personale di Daniela Cavallo, organizzata in collaborazione con Sponge Living Space di Pergola (gestito dall’artista Giovanni Gaggia) nell’ambito di un programma itinerante. Come dichiarato, il lavoro dell’artista pugliese vuole celebrare la vita attraverso l’arte per una rinascita collettiva. Così “l’opera riacquista il senso primordiale del sacro e del rituale, la funzione catartica, purificatoria del teatro antico”. All’inaugurazione la Cavallo si è prodotta nella performance “Rin Zen”, azione simbolica nella quale si identificava rappresentando le sue intenzioni in un cerchio di mattoni (figura della perfezione e della rinascita) che racchiudeva un ventre di terra (allusione all’ancestrale maternità) con un corpo femminile che si liberava da un involucro di plastica; mentre un cordone rosso (legame con il destino e cordone ombelicale di nuova vita) teneva unito il pubblico divenuto protagonista-spettatore dell’evento. La personale, curata da Stefano Verri, era completata da un video e da tre immagini fotografiche.

La Galleria Franco Marconi  di Cupra Marittima da anni lavora sul territorio con l’intento di proporsi come osservatorio sui giovani artisti. Nell’ultima mostra, a cura di Dario Ciferri, ne ha presentati sei, accomunati dal tema Naturacultura-madre terra. Nel video Expedient di Armando Fanelli il protagonista pulisce i tronchi degli alberi per cancellare le deturpanti tracce lasciate dall’uomo e riportarli alla primigenia purezza. Ad esso erano accostati immagini fotografiche su lastre di alluminio di boschi verdeggianti con semafori rossi installati per impedire simbolicamente l’accesso alle contaminazioni umane. Roberto Cicchiné, con corpi di adolescenti rigenerati da elementi naturali come sabbia e acqua, ha finalizzato con sue fermo-immagini i video dematerializzanti di Bill Viola. Paolo Consorti con il grande quadro digitale Time machine ha evocato nostalgicamente un eden in cui si scoprono i ruderi di una non identificata civiltà remota. Giovanni Manunta Pastorello, attraverso acrilici su tela, ha messo a confronto critico il paesaggio ideale con quello artificiale ottenuto dalla nuova genetica (artistica). Anche Josephine Sassu con un’opera digitale in bianco e nero è intervenuta per evidenziare aspetti degenerativi, creando paradossali rapporti tra animali di specie diverse. Gabriele Silvi, invece, ha prodotto una scultura mobile dalla struttura metallica con due mostruose teste plasticamente ibridate per esorcizzare spiriti malefici.

Luciano Marucci 

 

[«Juliet» (Trieste), n. 152, aprile-maggio 2011, p. 87]