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PESARO

 

Le personali di Sergio Breviario e Marco Neri - promosse dalla Fondazione Pescheria Centro Arti Visive e curate con la consueta attenzione da Ludovico Pratesi - rientravano tra le esposizioni dedicate agli artisti italiani emergenti. Breviario ha presentato nell’ex chiesa del Suffragio Prototipo di macchine per la conquista del mondo, articolata installazione che esibiva, in teche dall’altezza variabile, disegni connotati da soggetti ben definiti da luci e ombre. Volti androgini che, seppure coniugati a entità estranianti, rimandavano all’iconografia rinascimentale, a “silenziosi custodi di sapienze arcaiche ed esoteriche”, a “icone di mondi appartati” (Pratesi). Le 12 opere su carta da lucido applicata su specchio erano focalizzate da simboliche sfere luminose. L’intento era quello di attrarre lo sguardo e di far partecipare l’osservatore attraverso il ricordo, ma anche di ri-proporre un esemplare metodo operativo. Nell’avvolgente spazio architettonico l’apparente aspetto ‘anacronistico’ delle figure, che evocava la classicità, era integrato e bilanciato dalla studiata disposizione delle forme geometriche dei piedistalli. Così il tutto componeva una elegante scenografia metafisica dalla sacralità laica. Contemporaneamente nell’ex Pescheria era allestita Passante incrociato di Neri, ultima serie di circa 30 dipinti e collages, caratterizzata dalla presenza di persone indefinite o da strutture di case su fondi scuri. Le prime, incorporee e solitarie, erano còlte in azioni comportamentali comuni; le altre spesso evidenziate da semplici linee bianche. Va notato che queste opere non sono frutto di astratte invenzioni: nascono dal vissuto dell’artista, ovvero da osservazioni nei luoghi di residenza e dai soggiorni temporanei anche all’estero. Ma l’esistente, soggettivato dall’immaginario e dal pensiero, finisce per dialettizzare con il sociale. L’insieme è sempre rappresentato con linguaggio visivo-concettuale dall’essenzialità minimale, attraverso tecniche espressive manuali e l’uso di freddi colori acrilici. In fondo il “passante” citato nel titolo della mostra, oltre ad alludere a occasionali incontri con l’anonimato, indica la mobilità della ricerca consequenziale dell’autore. L’evento era accompagnato da distinti cataloghi con significativi testi associati a ottime riproduzioni.

Luciano Marucci 

 

[«Juliet» (Trieste), n. 161, febbraio-marzo 2013, p. 93]