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PESARO

Per la mostra estiva alla Fondazione Pescheria-Centro Arti Visive la scelta di Marco Tirelli, da parte del curatore Ludovico Pratesi, è stata quanto mai felice, anche perché ha dato la possibilità all’artista romano di ripresentarsi con nuova energia sulla scena italiana dopo l’esemplare partecipazione all’ultima Biennale d’Arte di Venezia e un lungo soggiorno negli Stati Uniti. In questa occasione Tirelli ha riaffermato la forte identità derivata dalla profonda indagine interiore, da pensiero filosofico e intensità espressiva. Da qui i soggetti carichi di senso, ottenuti con rigore compositivo e sapienza manuale che esalta la valenza alchemica. Per dare corpo all’ “Osservatorio”  immaginifico egli ha esibito, nel perimetro dell’ampio Loggiato, una serie di dipinti e disegni in bianco e nero, appartenenti anche alle esperienze precedenti, non a caso riconducibili al suo universo magico e lirico.  I quadri, connotati da un segno costruttivo calibrato e meditato, rivelavano dinamismo e consequenzialità di studi, prevalentemente grafici, alla ricerca della massima essenzialità; di valori immateriali con atteggiamento scientifico inventivo. Nell’ex Chiesa del Suffragio le opere, appositamente realizzate per interagire con la struttura architettonica ottagonale, proponevano una coinvolgente installazione, incentrata ancor più esplicitamente sulla tematica cosmica affrontata, capace di comunicare le intenzioni dell’autore attraverso la sacralità laica dell’arte. I supporti, i di-segni minimali, le forme primarie definite dalla luce, gli oggetti scultorei che emergevano dall’enigmatico spazio metafisico espandendosi perfino in quello reale, si fondevano armonicamente nei singoli lavori per affermarne l’autonomia. Ma, poiché erano stati ideati per provocare un impatto visivo d’insieme, concorrevano all’allestimento di un’opera site-specific ben articolata, dando al progetto rilevanza grafica, pittorica e plastica, in funzione di una percezione sensibile, mentale ed emozionale.

La Galleria Franca Mancini dal 1980, in occasione del Rossini Opera Festival, organizza una mostra d’arte dedicata al rapporto arti visive-opera lirica. Per il 2014, con la collaborazione di Cornelia Mattiacci, ha affidato l’incarico a Pietro Ruffo (Roma, 1978) che ha reso omaggio a Il Viaggio a Reims di Gioacchino Rossini, dedicato al Re Carlo X, composto dal geniale musicista pesarese a Parigi nel 1825. Della partitura si erano perse le tracce fino a quando ne è stato trovato un esemplare presso l’Accademia di Santa Cecilia a Roma. Nel corso dell’inaugurazione Gianfranco Mariotti (Sovrintendente della  Fondazione ROF), ha sottolineato che la partitura è un unicum nella storia del teatro musicale per il carattere astratto che la connota. Il semiologo Paolo Fabbri, con acuta e soggettiva analisi del contesto ambientale, ha messo in risalto come Ruffo nell’installazione, pur rispettando l’impianto e la valenza ironica dello spartito, abbia saputo dialettizzare con esso accostando la realtà del lavoro musicale a quella socio-politica del maggio ‘68 in Francia, sovrapponendo elementi linguistici e metalinguistici senza accenti nostalgici. In pratica l’artista, ispirandosi alla scenografia di Gae Aulenti per la prima del predetto melodramma al Teatro Pedrotti di Pesaro (1984), ha fatto costruire al centro della Galleria una struttura architettonica geometrica ascensionale totalmente bianca. Alla sommità, ai lati e alle pareti dello spazio espositivo ha posto raffinati quadri in bianco e nero con i ritratti  dei cantanti - allora giovani, poi divenuti celebri - dove figurazione e scrittura riferite all’assunto erano in perfetta sintonia. In alto si leggeva la scritta in neon blu Soyez Rèaliste. Demandez l’impossible: ricostruzione fedele di uno ‘slogan’ sessantottesco che ha dato il titolo alla mostra. La manifestazione si è conclusa con l’ascolto di brani rossiniani eseguiti magistralmente dal pianista Marco Vergini.

Luciano Marucci

 

[«Juliet» (Trieste), n. 169, ottobre-novembre 2014, p. 94]