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ANCONA

Subito dopo la mostra di Pistoletto la Galleria GINOMONTI ha inaugurato Flusso instabile del tempo, a cura di Giancarlo Bassotti: due serie di scatti (con sei immagini ciascuna) effettuati in circa venti anni dal fotografo e chirurgo umbro-marchigiano Giorgio Cutini. Le opere, incentrate sullo scorrere dell’acqua su uno spazio fisso, evidenziavano come l’autore privilegi immagini emozionali non integrali. Completavano l’esposizione la Città di Jokut, ispirata alle Città Invisibili di Italo Calvino, e scorci di una Roma “immersa in atmosfere liquide ed evanescenti, trasfigurata in un tempo dilatato e segreto che ne svela la storia, la magia, il misticismo”.

Cutini negli ultimi tempi ha intensificato l’attività espositiva. Parallelamente la sua ricerca si è ampliata non per documentare le esteriorità e la staticità del nostro mondo, ma verso l’introspezione e la combinazione di forme e segni evocativi. Ciò è dovuto soprattutto all’uso creativo del medium fotografico, alla strumentalizzazione di effetti impressionistici, di alcuni caratteri pittorici e grafici delle avanguardie storiche (Astrattismo, Futurismo, Dadaismo…) e perfino dell’Informale, evitando gli odierni orientamenti linguistici e gli ideologismi alla moda per affermare la sua identità. Il tutto rigenerato con sensibilità artistica, umana e lirica per visualizzare una realtà altra, più mentale e metafisica. Le ibridazioni da lui praticate, con intima partecipazione e dinamismo, pur essendo disciplinate dall’esperta ‘manualità tecnologica’, restano aperte alla sperimentazione e alle nuove sollecitazioni della quotidianità; sfruttano la causalità operativa e il fascino dell’enigma, non considerate marginali. I soggetti che colpiscono la sua attenzione, grazie alle elaborazioni e all’interferenza discreta o folgorante della luce, sono essenzializzati e sfocati, per cui la figurazione residua ripropone i valori della memoria e spesso è sublimata in pura luminosità. Così bellezza estetica e senso, spazialità e temporalità in-definite finiscono per unificarsi. E dal silenzioso contesto emergono leggeri movimenti musicali e apparizioni poetiche.

Luciano Marucci

 

[«Juliet» (Trieste), n. 176, febbraio-marzo 2016, pp. 102-103]