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ASCOLI PICENO

A Palazzo dei Capitani (in Piazza del Popolo) l’ampia antologica di Tullio Pericoli – catalogo Quodlibet, prefazione di Salvatore Settis e scritti di Claudio Ceritelli e Silvia Ballestra – ha focalizzato l’esperienza creativa dell’artista in un percorso a ritroso. Le opere recenti traevano ispirazione dal terremoto che ha colpito più duramente le aree montane del Piceno. Una sequenza di dipinti, oggettualizzati dal supporto di intonaco intelato, rappresentava le devastazioni del territorio con forme instabili, spezzate da profonde ferite, visualizzando il dramma di quei luoghi, mentre un video metteva a confronto i dettagli di opere con la situazione post-sisma. La mostra esibiva, poi, una nutrita selezione di lavori, eseguiti in due periodi (2010-2018 / 1998-2009), che davano risalto all’evoluzione del linguaggio grafico-pittorico, delineando una mappatura in-compiuta del paesaggio marchigiano idealizzato; riconoscibile, anche se alterato dalle deformazioni liriche e filtrato dalla memoria. In queste realizzazioni, con varianti stilistiche e accentuazioni plastiche, il diversificato segno, a matita, a inchiostro o inciso – usato come strumento di conoscenza e investigazione, di azione e riflessione – dialogava intimamente con la materia-colore. In un terzo ambiente erano riproposti acquerelli, chine e matite su carta degli anni Ottanta: opere rarefatte e luminose, connotate da figurazione levitante nello spazio aereo. Chiudeva l’esposizione il ciclo Geologie dei primi anni ‘70 con soggetti ricavati da stratificazioni materiche che anticipavano le ricerche future. L’insieme evidenziava che Pericoli con il suo straordinario virtuosismo tecnico, manifestatosi fin dagli esordi nelle ‘istintive’ caricature, negli espressivi ritratti grafici di personalità e negli acquerelli dai delicati cromatismi, disciplina ma non reprime l’effetto emozionale. Questo plusvalore si ritrova pure nella successiva fase pittorica dove, per evitare la ripetitività, egli continua a sperimentare i mezzi collaudati dalla storia dell’arte, con l’orgoglio di andare controcorrente e di raggiungere esiti qualitativi sempre più alti. Penso che voglia esaltare certe caratteristiche del nostro paesaggio e difenderne le identità anche per contrastare le dinamiche omologanti della globalizzazione.

Luciano Marucci

 

[«Juliet» (Trieste), n. 193, giugno-settembre 2019, p. 96]