LA GAGOSIAN GALLERY APPRODA A ROMA |
Da tempo si favoleggiava sull’apertura a Roma di un altro spazio della Gagosian Gallery. Rinvii e top secret sul primo artista prescelto hanno creato attese per il colosso statunitense. Finalmente il 15 dicembre, a chiusura di un anno particolarmente denso di avvenimenti per l’arte europea, si è giunti all’inaugurazione. Via Crispi 16 la sede, in pieno centro; palazzo ristrutturato dall’architetto Firouz Galdo (in collaborazione con lo studio inglese Caruso St. John) con criteri moderni, senza stravolgere le caratteristiche storiche; ambiente di 750 metri quadrati con una maestosa sala ovale; staff e servizio informativo efficienti per una operazione come al solito prorompente. Ben 1800 gli invitati tra collezionisti, star e vip dell’arte, della politica e dell’economia, confortati da un party in loco e da una cena per 400 eletti a Palazzo Barberini. Hanno partecipato all’evento anche il Ministro per i Beni Culturali Francesco Rutelli con la consorte, il Sindaco Walter Veltroni, l’ambasciatore americano a Roma Ronald Spogli. Faceva da padrona di casa la direttrice Pepi Marchetti Franchi, formatasi alla scuola del Guggenheim, che ha sintetizzato così le finalità della Galleria: guardare esclusivamente alla globalità del mercato internazionale dell’arte. Il sessantaduenne californiano Larry Gagosian, partito vendendo manifesti sulla spiaggia di Santa Monica, oggi gestisce un impero di sette gallerie tra le più importanti del mondo: tre a New York, una a Los Angeles, due a Londra e quest’ultima di Roma. Ha iniziato l’attività nel 1979 e da allora è stato un crescendo, grazie ai più qualificati artisti internazionali: Bacon, Beuys, Baselitz, Basquiat, Giacometti, Hamilton, Picasso, Ed Ruscha, Serra, Warhol, West, Whiteread e altri, compresi gli italiani Alighiero e Boetti, Clemente, Merz, Pascali, Vezzoli. Il suo approdo nella capitale metterà in crisi le gallerie? Certamente richiamerà i grandi collezionisti privati e le istituzioni museali disposti ad acquistare pezzi da novanta a cifre da capogiro, quelle che consentono di mantenere in vita un’attività ambiziosa, lasciando campo libero ai piccoli mercanti che vivacchiano con clienti più modesti. È sperabile, però, che stimoli i nostri operatori del settore a seguire indirizzi meno provinciali e più concorrenziali. Ed ecco la mostra, dedicata a Cy Twombly, americano della Virginia ormai storicizzato, che da mezzo secolo vive, in maniera riservata, tra Lexington e Roma. Three notes from Salalah - in un allestimento attentamente studiato per ottenere il migliore effetto percettivo - comprende opere inedite - acrilico su compensato - di metri 2,5x3,5 ciascuna, realizzate tra il 2005 e il 2007. Vogliono evocare un luogo sognato, mai visitato dall’autore, in un’oasi dell’Oman. Il linguaggio dell’artista è inconfondibile: rimanda al Dadaismo e all’Espressionismo Astratto; è connotato dall’automatismo gestuale, ma ha una struttura narrativa piuttosto ordinata, quasi sequenziale. Una pittura segnica indecifrabile, ‘negata’ da cancellature e casualità dripping, sciolta, animata da ritmi interiori e allusiva. Così l’opera, con poetica e musicale leggerezza, pone l’osservatore di fronte a raffinati e magici graffiti del contemporaneo, capaci di suscitare nuove emozioni. Twombly sta già pensando alla retrospettiva che sarà attuata alla Tate Modern di Londra nel giugno 2008 e che l’anno dopo approderà alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. Nel 2009 inaugurerà anche un grande lavoro nel palazzo dell’Art Institute a Chicago. Gagosian si è detto felice di operare a Roma, “da sempre una fonte di ispirazione insostituibile per gli artisti”, e si propone di diventare parte della vita culturale della straordinaria città. Auguri! Luciano Marucci [«Juliet» (Trieste), n. 136, febbraio-marzo 2008, pp. 62-63. Il servizio comprende varie foto dell’inaugurazione]
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