Nel selezionare gli articoli per questo sito ho compiuto una riflessione sulla mia attività giornalistica, praticata negli anni passati abbastanza intensamente e con senso di responsabilità. Indubbiamente è stato un lavoro utile per esercitare la scrittura, interpretare tempestivamente una porzione di realtà, comunicare idee e conoscenze con l’illusione di partecipare al divenire del mondo... o, almeno, di contrastare l'esasperato localismo. Un’esperienza positiva per la mia emancipazione e per l’apporto dato all’esterno. Ma credo anche di aver sottratto del tempo alla realizzazione di programmi personali più ambiziosi. ‘Raccontare’ gli accadimenti culturali giornalieri, specie se poco degni di essere presi in considerazione, dà la sensazione di essere un mestierante, un ‘impiegato’ al servizio della cronaca. E quando invece di scegliere, si è costretti a fare il gioco degli altri, senza volerlo si dà spazio alle banalità e al clientelismo. A questi condizionamenti se ne sommano altri ideologici non dichiarati. Poi ci sono i ‘tagli’ indesiderati e le arbitrarie attribuzioni dei titoli, accattivanti... e spesso sfasati rispetto ai testi. Il tutto compensato... da retribuzioni irrisorie. A un certo punto, la direzione della pagina regionale del “Corriere Adriatico” (testata a cui, anche per motivi affettivi, sono rimasto fedele a lungo) mi fece lo sgarbo di pubblicare, con deformazioni ed eccessivo ritardo, un’intervista a Dario Fo, peraltro ottenuta dopo l’assegnazione del “Nobel”, nei giorni in cui ragioni di salute gli impedivano di essere sempre disponibile. Inoltre, la situazione era peggiorata a causa della soppressione della pagina riservata alla “Cultura Picena”, dell’adozione dei ‘moduli’, che fissavano rigidamente la lunghezza dei pezzi, e della scarsità di occasioni qualitativamente stimolanti. Decisi, allora, di cambiare pagina... per dedicarmi ad altro con rinnovato entusiasmo. Da qui la collaborazione a varie riviste specializzate in arte contemporanea e non, che mi consentono ben altro livello. lm
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