Le "12 lune" del nottambulo Pizzi Cannella |
Alla fine dell’anno puntualmente tornano i calendari e se ne vedono di tutti i tipi, dai più convenzionali ai più spregiudicati. La “D’Auria Industrie Grafiche” di Ascoli Piceno si distingue per l’impegno nel sollecitare, con questo mezzo, un reale interesse per le esperienze artistiche del contemporaneo prestando attenzione sia alla scelta dei nomi e delle opere, sia alla qualità delle realizzazioni, frutto di sapienza artigianale associata a moderna tecnologia. Quindi, l’Azienda non si limita a rispettare un rituale attraverso un comune oggetto visivo allineato alla logica dell’usa e getta, ma propone un originale e in-formativo prodotto che, per le sue peculiarità, è destinato a durare oltre i dodici mesi. L’operazione, che nasce da un’ambiziosa e appassionata collaborazione con gli operatori visuali, è sempre supportata da un testo critico e dal curriculum dell’autore che riassume i momenti più significativi della sua attività. Ecco la presentazione del calendario 2006, approntato con il coinvolgimento di Piero Pizzi Cannella, in cui Luciano Marucci, curatore delle singolari edizioni, dopo aver contestualizzato nello scenario generale il percorso creativo del Pittore dalla forte individualità, avvia alla lettura della tematica da lui affrontata con intima partecipazione. Il segno del tempo
Dalla seconda metà degli anni Sessanta l’arte pittorica e plastica ha subìto sostanziali trasformazioni ibridandosi e inglobando materiali eterogenei, modi concettuali e altri linguaggi. L’opera si è relazionata allo spazio espositivo o a quello reale; è divenuta aperta, performativa e spettacolare, interattiva e digitale, allontanandosi sempre più dai generi tradizionali e dalla specificità. Nel frattempo la mancanza di tendenze dominanti ha agevolato la ricerca individuale e la libertà espressiva. In questo percorso non rettilineo, influenzato anche dalle oscillazioni del gusto, e quindi dal mercato, la pittura tout court ha avuto momenti di profonda crisi, ma è riuscita a sopravvivere grazie al talento di pochi che hanno saputo valorizzarne le potenzialità residue e sfruttarne il consolidato potere comunicativo. Piero Pizzi Cannella, fin dagli esordi, ha dialettizzato a distanza con questo inquieto contesto esibendo la sua spiccata identità, maturata accanto a un esiguo gruppo di giovani, come lui interessati a proseguire per altre vie l’azione della Transavanguardia, che negli anni Ottanta aveva ridato autorevolezza internazionale alla Pittura. L’artista non ha seguito correnti più o meno trasgressive, anzi, un po’ provocatoriamente ha avuto l’ostinazione di far valere la sua unicità, data dalla marcata vocazione disegnativa e pittorica. Con l’indubbia qualità della sua produzione bidimensionale, obbedendo solo alla dinamica delle pulsioni in-conscie e adottando procedimenti personali tutt’altro che anacronistici, è riuscito a competere con le esperienze più spregiudicate. È passato da una tematica all’altra con naturalezza, fino all’ultima fase in cui il lavoro si è sviluppato in maniera più decisa, senza perdere coerenza e intensità. Mi riferisco, in particolare, alle grandi “Mappe del Mondo”, installate al Teatro India di Roma, dove in-volontariamente ha cercato di espandere, anche geograficamente..., la sua poetica che ha assunto così una certa valenza ideologico-programmatica. Egli, con ‘gestuale’ e calibrata manualità nell’uso non descrittivo e retorico dei mezzi propri della pittura e la capacità di rigenerarla, soddisfa pure quanti esigono un prodotto ancora in grado di attrarre lo sguardo. Attraverso le opere realizzate appositamente per questo calendario riafferma l’abilità di visualizzare, con immediatezza e leggerezza, le intenzioni e la volontà di proporre, anche al di fuori dei luoghi non convenzionali, la sua idea di arte, fondata su valori atemporali che discendono dalla civiltà mediterranea. Per l’occasione ha utilizzato un supporto cartaceo, solitamente destinato alle riproduzioni generiche e stereotipate, componendo raffinati lavori ispirati alla metamorfosi di “12 lune” che nelle notti dell’anno fanno magicamente riapparire le incorporee forme simboliche del suo universo intimo, portatrici di memorie perdute. Ecco allora le frammentate e sacrali immagini del suo repertorio creativo-affettivo, intercalate da quelle aniconiche altrettanto evocative e poetiche. Ed ecco lo spazio interiore che si coniuga armonicamente con quello cosmico. Annunciata da una tavola dal soggetto a tutto tondo sui cicli del ‘riflessivo’ e misterioso astro, prende avvio l’imprevedibile sequenza che, pur essendo formalizzata con tecnica mista su carta, ha la resa dei dipinti su tela. Dalla sommità la leopardiana luna disvela le sue mutevoli tracce e, ruotando nell’eterno infinito, con il suo algido chiarore fa emergere i ricordi, emoziona e stimola la percezione. Ancora una volta il segno quasi automatico e la materia-colore dai vivificanti contrasti cromatici, sapientemente manipolati, si fondono e danno origine a coinvolgenti figure allusive e instabili. L’iniziale incantamento neoromantico, mentre attiva le sensibilità nascoste degli osservatori, favorisce l’estraniamento dalle contingenti problematiche terrene, la meditazione sul fluire del tempo e la precarietà della condizione umana. La suggestiva serie di opere che, tra luci e ombre, accompagna il vissuto dell’intero ‘lunario’, rappresenta pure un atipico esempio di creatività applicata e può essere vista come un evento espositivo a domicilio. Nata da un’idea unitaria, riportata fedelmente su carta Rosaspina Fabriano con tecnologie avanzate e in edizione numerata e firmata, acquista un pregio artistico che induce a non disperderla come un banale oggetto di rapido consumo. Luciano Marucci [«Juliet» (Trieste), n. 126, febbraio-marzo 2006, pp. 52-53. Testo desunto dal “Calendario d’autore”, Industrie Grafiche D’Auria, 2006]
VERSIONE PDF (761KB) |