Home arrow Viaggi nell'arte arrow Percorsi liberi arrow Biennale in anteprima (2007)
BIENNALE IN ANTEPRIMA PDF Stampa

Tema accattivante quello su cui è incentrata la 52esima Biennale di Venezia diretta da Robert Storr, primo statunitense nella storia della più antica e prestigiosa manifestazione d’arte contemporanea del pianeta. Per comprendere meglio gli obiettivi dell’esposizione è bene rifarsi a quanto ha spiegato il curatore in occasione della conferenza stampa, tenuta a Roma presso il Ministero dei Beni Culturali: “Questa mostra non si basa su una proposta ideologica o teorica onnicomprensiva. Piuttosto si fonda su un atteggiamento di base nei confronti dell’arte, rivolto a supporre che le dicotomie analitiche tra il percettivo e il concettuale, tra pensiero e sentimento, piacere e dolore, intuizione e riflessione critica, troppo spesso oscurano o negano la presenza complessa di tutti questi fattori nella nostra esperienza del mondo, nonché la presenza di tutte queste dimensioni nell’arte che ne deriva. Ogni opera sarà lì a parlare di sé. Insieme, le corrispondenze tra le opere - siano esse armoniose o dissonanti - solleciteranno l’attenzione del pubblico, io credo, verso la diversità di emozioni, materiali, temi e modi di coinvolgere il visitatore, che caratterizzano opere d’arte create in linguaggi diversi, e tutti, ciò nondimeno, coniugati al presente. [...] Pensa con i sensi - senti con la mente. L’arte al presente si fonda sulla convinzione che l’arte sia oggi, e sia sempre stata, il mezzo tramite cui gli esseri umani prendono coscienza del proprio essere in tutta la sua complessità. L’affermazione non presuppone tuttavia che il risultato sia un tutt’uno indissolubile e duraturo, o che l’arte costituisca una risoluzione magica ai conflitti insiti nella nostra natura o nelle diverse culture e società e nelle loro relazioni reciproche. [...] la mostra si concentra su alcuni aspetti della produzione attuale scelti quali indizi della possibile natura degli schemi emergenti, senza tuttavia alcuna pretesa di offrirne una mappatura esaustiva. Pertanto non è stato fatto alcun tentativo di essere programmaticamente “rappresentativi”, né in termini di stili, né di mezzi artistici, di generazioni, o paesi o culture: sono state impiegate qualità e preoccupazioni particolarmente diffuse nell’arte contemporanea affinché fungessero da poli magnetici in grado di attrarre opere dai sette continenti, che utilizzino tutti i diversi mezzi artistici, rappresentino gli stili più vari e appartengano a tutte le generazioni attive al momento.

Tra i poli attorno ai quali hanno prontamente gravitato alcune opere, esiste un campo di forza in cui ne aleggiano molte altre. I poli sono stati impegnati come diapason, cosicché i criteri di selezione sono stati tanto la risonanza e lo stato d’animo quanto la tematica trattata o la metodologia estetica.

[...] questa Biennale si è affidata, come in passato, ai padiglioni nazionali, ma ha anche incorporato al proprio interno un padiglione nazionale, quello turco, e un ‘padiglione continentale’, quello africano, aprendo la strada, si spera, a una maggiore e più durevole inclusione di zone del mondo e della creazione artistica troppo a lungo trascurate nei circuiti espositivi internazionali.

[...] Tranne rare eccezioni, tutti gli artisti presentati in mostra sono vivi e attivi. Diversi per provenienza e prospettiva temporale, sono loro a coniugare, tra loro e per noi, il tempo presente dell’arte. Gli unici artisti non viventi in mostra sono scomparsi per morte prematura o improvvisa; le loro opere sono state comunque incluse in quanto conservano una freschezza e un impatto che le imprime nella mente dei loro compagni di strada e del pubblico”.

Storr ha avuto tre anni per progettare la manifestazione e nel 2005 ha organizzato il simposio internazionale Modernità molteplici e Salon globale a cui hanno partecipato critici, storici, economisti, artisti, curatori di esposizioni e personaggi della cultura in genere, per un proficuo confronto, anche in funzione di una migliore attuazione dell’evento veneziano.

Davide Croff, presidente della Biennale, ha precisato che i Paesi stranieri hanno aderito con un numero mai raggiunto prima (77) e “con diversi esordi, tra cui un Paese, che sta lottando sulla via della pace e della ricostruzione come il Libano”. E ha sottolineato: “Le partecipazioni nazionali rappresentano da sempre una componente essenziale e distintiva, una ricchezza straordinaria della Biennale d’Arte. Un contributo che vogliamo esaltare anche perché la nostra Esposizione è stata la prima, ed è rimasta l’unica, ad istituire Padiglioni nazionali permanenti. La presenza dal 2005 della Repubblica Popolare Cinese all’Arsenale – area di futuro sviluppo centrale degli spazi espositivi della Biennale - rappresenta un primo segnale per l’apertura a nuove zone del mondo.

[...] grazie alla DARC anche quest’anno l’arte italiana avrà una ulteriore mostra significativa, inserita fra gli eventi collaterali, dedicata ai vincitori del concorso per i nostri giovani artisti. [...]”.

Si tratta di Nico Vascelari, autore emergente che si avvale di molteplici linguaggi, capaci di coinvolgere gli spettatori. Con Revenge sarà impegnato nella costruzione di un network di relazioni con spazi e centri di produzione musicale alternativa e nella successiva realizzazione della personale che prevede performances e interventi sonori, da lui ideati per l’intera Sala Marceglia (all’Arsenale).

Croff, infine, ha fatto rilevare come la Biennale, senza perdere le sue principali caratteristiche, intenda sempre più internazionalizzarsi ed abbia cercato di stringere alleanze europee avviando la collaborazione con le mostre di Kassel, di Münster e la Fiera di Basilea. Fin da quest’anno sarà offerto al pubblico un servizio nuovo: grazie al sito wwww.grandtour.com, ogni utente potrà trovare quanto necessario per prenotare una trasferta culturale nelle quattro città, così da visitare i principali eventi di arte contemporanea. “Dietro queste iniziative internazionali di confronto organizzativo, di promozione comune, di  servizi utili al pubblico, c’è un’idea precisa: un progetto di rete culturale, di relazioni tra istituzioni che rispettino le differenze e le identità di ogni manifestazione e che, nel contempo le collochino in un contesto più ampio di promozione dell’arte e della cultura”.

Al termine della presentazione della Biennale è seguito il dibattito.

Quando è stato obiettato a Storr che tra gli artisti invitati un quarto ha una certa età, quindi una “formazione novecentista”, egli ha risposto: “[...] Non credo che la linea divisoria tra il Novecento e il nostro secolo sia molto chiara, come tra modernità e post-modernità. Bisogna considerare l’abilità degli artisti e che sono contemporanei di altri molto più giovani. [...] Se sono presenti è perché fanno qualcosa di significativo per quelli che sono in vita in questo momento. Ci sono artisti giovani nell’esposizione e alcuni che non sono così noti. Per quanto riguarda la nazionalità, non c’è nessun sistema di quote. Ho cercato di trovare, se mi è concesso usare un termine poetico, delle cose che facessero rima...”.

A proposito dei Paesi partecipanti ha detto: “[...] volevo che l’Africa venisse a far parte integrante dell’Esposizione. La stessa cosa accade per la Turchia. Non dobbiamo dimenticare che il pubblico arriva sempre ai Giardini e non va quasi mai nei Padiglioni fuori sede, per cui certi artisti sono sempre invisibili. Io ho voluto assicurare loro la visibilità. [...]”

Altri chiarimenti ha dato sul significato del titolo della mostra: “[...] Il tipo di visione o contrasto tra mente e corpo, tra mente e senso, tra pensare e sentire, sono cose che si trovano al centro della nostra cultura, della nostra società; [...] la ragione del titolo sta nella possibilità di comunicare qualcosa. Forse i visitatori pensano: Vediamo cosa vuol dire... Io non organizzo esposizioni per gli informati, gli esperti; cerco di farlo per il fruitore comune, che può essere anche molto diffidente nei confronti delle nuove forme d’arte. Avendo lavorato a New York e organizzato mostre molto difficili per quel pubblico, so che questo funziona. La ragione per cui c’è tanto interesse per Duchamp non può essere il fatto che è un artista facile. È un esempio di come può scattare l’interesse se si pensa con i sensi, se si reagisce ai materiali, agli spazi, al modo con cui si percorre lo spazio, se si combinano elementi contrastanti... Alla fine non chiederò ai visitatori qual è il senso dell’esposizione, ma avrò proposto qualcosa su cui è valsa la pena di riflettere. E spero che ciascuno possa andar via arricchito dall’esperienza e dalle discussioni che ne deriveranno. [...]”

I commenti a caldo, soprattutto sulle dichiarazioni ‘panoramiche’ di Storr, confermano che la Biennale riesce già a creare reazioni e riflessioni utili, almeno in parte, per proseguire più oculatamente. Il confronto di idee, quando c’è apertura e onestà intellettuale, è sempre produttivo, specialmente in un campo dove prevalgono imprevedibilità e soggettività, dove le problematiche in divenire possono essere tante e così pure le formule da adottare per indagare l’arte in un contesto internazionale. L’importante è procedere con l’ottica imposta dai tempi; che vengano seguiti, con metodo e chiarezza, criteri culturalmente validi; che si tengano lontane le logiche provinciali e clientelari. In altre parole, che prevalga la ricerca del meglio, pur sapendo che bisogna sempre fare i conti con la realtà economica, sociale e politica che di solito spinge in senso opposto. Comunque, l’arte resta il territorio dell’innovazione e, perciò, del rischio. Allora, una Biennale perfetta non ci sarà mai, perché l’arte stessa è imperfetta per definizione e i fruitori non hanno gli stessi occhi.

Vediamo ora, seppure sommariamente, come sarà strutturata l’attuale edizione. Gli spazi espositivi dell’Arsenale e del Padiglione centrale ai Giardini di Castello presenteranno un centinaio di artisti di varie nazionalità. Tra essi solo gli italiani del Gruppo Alterazioni Video (cinque giovani nati tra il 1974 e il 1982 che vivono e lavorano a Milano e New York), Giovanni Anselmo, il fotografo Gabriele Basilico, Luca Buvoli, Paolo Canevari, Angelo Filomeno. Oggettivamente non si può dire che Storr sia stato generoso, come non lo erano state due anni fa la Martinez e la Coral.

Diversi i nomi degli stranieri collaudati: la sempre vitale Louise Bourgeois (Usa, 1911), Daniel Buren (Francia), Iran Do Espirito Santo (Brasile), Jenny Holzer (Usa), Ilya ed Emilia Kabakov (Ucraina), Ellsworth Kelly (Usa), Sol LeWitt (Usa), Steve McQueen (Gran Bretagna), Oscar Muñoz (Colombia), Bruce Nauman (Usa), Gerhard Richter (Germania), Robert Ryman (Usa), Lawrence Weiner (Usa), Franz West (Austria)...

Delle nazioni che avranno un padiglione nazionale ai Giardini o in sedi decentrate le prime attenzioni sono per Belgio (Eric Duyckaerts), Danimarca (Troels Worsel), Francia (Sophie Calle), Germania (Isa Genzken), Giappone (Masao Okabe), Gran Bretagna (Tracey Emin), Olanda (Aernout Mik), Stati Uniti (Felix Gonzales-Torres), Svizzera (Yves Netzhammer e Christine Streuli). Ma potrebbero esserci sorprese.

Nel nuovo Padiglione Italia - dislocato alle Tese delle Vergini dell’Arsenale – vedremo solo opere di Giuseppe Penone e Francesco Vezzoli.

Il commissario Ida Gianelli – sempre alla conferenza romana – ha così motivato le sue scelte: “[...] sono relazionate al momento in cui vengono fatte e sono la risposta a quanto avviene attorno a noi. Nelle recenti esperienze in giuria ho sentito dire più volte che i tempi non permettono di scegliere uno scultore e tanto meno europeo. Questo evidentemente mi ha convinto proprio del contrario, cioè che fosse il momento di riaffermare una pratica classica con uno scultore contemporaneo che usa in modo straordinariamente innovativo i materiali tradizionali. Penone mi è parso il più indicato perché fin dall’inizio della carriera rinnova il linguaggio della scultura. Come sapete, è partito dalle travi di legno scavate fino a ridare vita agli alberi in esse nascosti e si è addentrato sempre più nell’uso di mezzi classici quali l’oro, il cristallo, il granito, il bronzo, il marmo, materiali sempre più preziosi e simbolici che lo hanno portato alla sublimazione dell’opera e al successo. Oggi il suo fare artistico, come testimoniano le Sculture di linfa, ha raggiunto una straordinaria maturità pur mantenendo viva la ricerca che lo ha rivelato nel 1968. [...]

Lo stesso riconoscimento si deve dare a Francesco Vezzoli. [...] La coincidenza di un invito prestigioso come quello della Biennale, con gli inviti internazionali conquistati dal nostro giovane ma già affermato artista, dimostra che anche la struttura pubblica italiana crede nei propri artisti al pari di quella straniera. Vezzoli con le opere film-video che inglobano oltre alla storia dell’arte il teatro, la moda, il cinema, presenta le ossessioni del nostro tempo. Ritrae un mondo divorato dal desiderio di celebrità e dal potere che ne deriva; dal piacere di essere al centro dell’attenzione, dalla seduzione per le dive-icone. L’artista stesso sembra essere totalmente coinvolto, ma raggiunto il culmine, si distacca alterando tutto. [...] I due artisti non potrebbero essere più diversi, le loro opere più difformi, ma per questo sono perfetti per convivere nel Padiglione Italia. [...]”.

Secondo noi, l’indicazione di Penone è condivisa, in particolare, dagli addetti ai lavori, sia perché l’artista torinese è stato un protagonista originale dell’Arte Povera, sia per la continua e profonda investigazione interna alla Natura, non sufficientemente divulgata, che andava senz’altro ufficializzata in Biennale. Difficilmente deluderanno i suoi lavori di grandi dimensioni, in legno, in marmo e su carta.

Quella di Vezzoli, operatore visuale che usa tecnologie alla moda e tratta tematiche legate alla teatralità, all’immaginario collettivo e all’artificialità, susciterà interesse presso il grande pubblico, ma con la videoinstallazione in programma egli dovrà dimostrare ai più esigenti di aver meritato tanto spazio dopo essere stato presente in due precedenti Biennali.

In passato - com’è noto - nel Padiglione Italia si praticava un’eccessiva autodifesa nazionalistica, per cui nelle ultime edizioni si era avvertita la necessità di operare una maggiore selezione privilegiando poche presenze forti, degne di competere a livello internazionale. Ecco perché la scelta numerica della Gianelli può essere condivisa, anche se comporta una responsabilità più alta, dal momento che i nostri artisti di una certa statura sono sicuramente più di due.

Altri italiani esporranno nel Padiglione della Repubblica Araba Siriana che ha nominato curatore Duccio Trombadori. Sulle vie di Damasco si incontreranno Bassem Dahdouh e Nasser Naassan Agha con i nostri Dario Arcidiacono, Stefano Bombardieri, Renato Mambor, Philippe Pastor, Donato Piccolo, Concetto Pozzati e Alfredo Rapetti.

Nel Padiglione Venezia tornerà la selezione di artisti del Veneto. Speriamo che non venga ripristinato il localismo condizionante, visto che la Biennale è un evento extralagunare.

In conclusione, le buone intenzioni non sembrano mancare e, poiché i curatori hanno avuto tempo sufficiente per lavorare, tutti si aspettano qualcosa di più e che l’esposizione, oltre ad essere ‘rassicurante’, risulti propositiva. Staremo a vedere... e ne riparleremo in termini meno generici.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 133, giugno 2007, pp. 40-43]