LUCA PATELLA |
La grande mostra (300 opere ed installazioni su 1.600 mq) che è stata dedicata a Luca Patella dal MUHKA di Antwerpen ha fatto il punto sul lavoro, originale e complesso, degli ultimi anni, di questo artista multiforme. Grandi sale dei quattro piani del museo sono state riservate al “Misterium coniunctionis”, alla “Logique du gout” e a “Den & Duch dis-enameled” che ha dato anche il titolo all’intera esposizione.Parallelamente, sempre ad Antwerpen, sono state tenute due sue personali: una presso la Galleria Max Pisti Production con una installazione di grandi ‘ovali’ su cavalletti, oltre alla presentazione di una serie di 5 nuove ‘sculture’ e alla realizzazione di un ‘ambiente evocativo’ ; l’altra da Leo Dohmen dove sono state esposte opere grafiche dagli anni ‘60 ad oggi. Insomma, un vero e proprio ‘omaggio’ ad un geniale artista italiano che, da vari anni, grazie anche alla sua formazione interdisciplinare, opera a più dimensioni per ampliare i confini naturali... dell’arte figurativa, mettendo in campo più elementi di diversa estrazione e facendoli interagire senza proporre un enciclopedismo puramente tecnico e razionale che annega nella genericità. L’opera di Patella proviene da una concezione dinamica dell’arte ed è fortemente dialettica e mentale, ma fa presa anche sui sensi, perciò non è mai asettica e impersonale. La sua è un’ansiosa attività di ricerca critico-creativa in continua espansione e trasgressione; un lavoro artistico radicale di un intellettuale aperto a Tutto, in particolare, a letteratura, psicologia e scienza, fino alla proiezione nell’opera di ogni risorsa personale e reperibile all’esterno, per coniugare privato e pubblico, arte e vita. Per lui l’atto creativo non è un fatto episodico e ogni attimo della sua esistenza è in funzione dell’arte. Egli affronta, con metodo analitico, problemi sempre più ardui, senza porsi limiti e risparmiarsi, senza preoccuparsi molto di dare forma commerciale alla sua creatività. È dentro la situazione, ma non si fa coinvolgere più di tanto; è nella storia, ma per contraddirla. Pratica una sorta di ‘arte totale’, intesa come dialogo culturale, ma che rispetta, anzi ricerca, i valori poetici: un’attività totalizzante dove tutto confluisce e tutto è permesso, in cui l’arte riesce a vincere la cultura e l’opera che ne deriva ha uno spessore e una vivacità inconsueti. La riprova di questi suoi intendimenti è anche nella recente produzione di oggetti-sculture densi di significato e in un ciclo di poesie ‘porno-mistiche’ da poco pubblicate in un insolito ‘librocartella’ dal titolo “P’alma di mano”, dove la poesia è concepita come immagine plastica e luogo di assemblaggio plurilinguistico, di confronto-scontro-incontro di più esperienze, di processi di idee e di psicologie. Ma la vera rivoluzione del nuovo Patella consiste nell’aver scelto di appartarsi per dare ascolto alle voci che gli vengono dal profondo e riflettere sul ruolo di artista per dare un senso più vero al lavoro, prendendo le distanze dalle esteriorità, dagli aspetti artificiali e teorici dell’arte e contestando le esagerate speculazioni mercantili in atto sul prodotto creativo che, il più delle volte, distraggono o soffocano le ricerche personali. Ora, più di prima, in P. tutto nasce da ‘sinceri’ impulsi interni e dalla turbolenza dei sentimenti, da brucianti fatti di vita, da una lotta, corpo a corpo, tra l’Io e il Mondo. E il risultato di questo suo riorientamento, già molto interessante, apre nuovi orizzonti.
Io agito sempre molte cose, altrimenti non vedo cosa si fa a fare arte o qualsiasi altra attività... Le cose a senso unico: non hanno senso! Se l’arte ha un senso è perché affronta un po’ tutto. “La logique du Tout” abbiamo detto nel nostro libro... A cura di Luciano Marucci [«Juliet» (Trieste), n. 49, ottobre-novembre 1990, p. 47]
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