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LUCILLA CATANIA PDF Stampa

Su quali principi si basa la tua ricerca e sotto quali stimoli avanza?

È importante avere delle motivazioni che guidano il lavoro o ciò è limitante?

Cerchi un accostamento o un allontanamento dall'interiore?

Il principio fondante della mia ricerca è la Forma ; non la sua distruzione né il suo superamento concettuale, bensì l'affermazione continua della sua esistenza. Le motivazioni di questa posizione - direi emotiva - risiedono nel territorio della mia interiorità che mi permette di conoscere il reale più attraverso l' intuizione che con la ragione . La forma è per me il miglior sistema di relazioni che l'uomo abbia mai inventato fino ad ora ed è estremamente adatto ad esprimere quel tipo di conoscenza intuitiva di cui ho parlato. In questa mia ossessione formale mi piacerebbe riuscire a formulare, come da tempo vado dicendo, una sorta di “Nuova Classicità” intesa non tanto come tendenza linguistica specifica, ma piuttosto come dimensione interiore, come idealità presente nei livelli più profondi della natura umana e proponibile come condizione spirituale ed intellettuale permanente.

 

Le forme delle opere derivano da un processo di geometrizzazione di quanto rilevato dall'esterno?

Le mie sculture non sono una “geometrizzazione” del reale; semplificare non è soltanto fare un quadrato o un triangolo; per me significa pulire , mettere a nudo, rendere qualcosa più chiaro.

 

L'immagine nasce sempre dall'osservazione dell'esistente?

La Natura viene oggettivata o soggettivata?

Le immagini da me prodotte sono come un riflesso del reale e l'osservazione dell'esistente mi porta a costruire un sistema di relazioni, di punti di riferimento all'interno dei quali elaboro un codice formale che mi separa e mi differenzia dalle immagini di partenza. In questo senso, se esse appartengono alla Natura, il processo è quello di soggettivarle ed il risultato è quello di una Natura personale.

 

Per uno scultore che parte dalla materia senza un progetto non è più difficile arrivare all'immagine voluta e all'essenzialità?

È evidente che vuoi valorizzare anche le potenzialità della materia stessa con l'intervento manuale. Persegui l'assolutezza o stabilisci tu il punto di arrivo?

Per rispettare la forma primaria non plasmi ma intervieni a sensibilizzare la superficie soprattutto interpretando e valorizzando certe caratteristiche intrinseche dei materiali. Come vengono scelti? Che rapporto intrattieni con essi?

La tua opera vuole essere “Immateriale” o pesante come la “Virgola”?

Io non parto dalla materia, ma dalla Forma che comprende sia la fase progettuale che quella, diciamo così, tecnico-materica. La Forma - insisto su questo concetto - è un sistema completo, in sé autonomo. È proprio attraverso esso che raggiungo assai facilmente alcuni dei miei obiettivi espressivi principali come la semplicità e l'essenzialità.

La manualità e, quindi, il rapporto diretto con i materiali è un altro discorso. Lavorare con le mani è per me un vero piacere. Se devo delegare la realizzazione tecnica di una scultura lo faccio solo per una necessità pratica. Nel lavorare manualmente provo una vera e propria soddisfazione mentale, un senso di appagamento. Pensiero e gesto vanno insieme. L'attitudine alla manualità mi porta a sperimentare le caratteristiche intrinseche dei materiali. Un'opera come “Virgola” dalla superficie rugosa e frastagliata non è minimamente in opposizione ad un'opera come “Immateriale” liscia come la seta. Che l'una dia una sensazione di pesantezza e l'altra di leggerezza altro non è che una delle infinite variabili della vita: pesante/leggero, alto/basso e così via. Sono concetti opposti ma conviventi.

 

Noto che passi con disinvoltura dal reale universale (“Continente”, “Arcipelago”, “Nuvole”) al particolare dell'opera e dal dettaglio del reale al gigantismo (“Virgola”, “Punto”, “Goccia”). Che significato ha per te isolare frammenti di mondo?

La mia idea è che in linea di principio non esiste differenza tra il sasso e la montagna. C'è sicuramente una differenza di grandezza ma non di sostanza. Ambedue hanno una loro struttura interna formata da molecole, atomi, nuclei e così via; e ambedue sono parti di una struttura ancora più ampia. Per me ogni cosa è la conseguenza di un'altra. Così è il mio lavoro, per cui passo agevolmente dalla rappresentazione del particolare (vedi “Goccia”) a quella del generale (vedi “Maremoto”).

 

Vuoi creare un'immagine evocativa per lasciare aperta l'interpretazione? Che funzione hanno i titoli?

Sì. A volte i titoli sembrano voler suggerire un'immagine determinata, ma, in realtà, sono esclusivamente la chiave per aprire la porta alla libera interpretazione. Li uso per provocare reazioni e sensazioni, sono uno stimolo, lo spettatore deve fare il resto .

 

Dalle tue forme, oltre all'archetipo, può emergere il simbolo?

Sicuramente nel mio lavoro ci sono degli archetipi fondanti, ma non dei simboli. Le mie opere tendono ad affermare dei concetti formali, risultano molto dichiarative; non simboleggiano, piuttosto sono. Questi archetipi sono come delle ossessioni . Mi sembra non ci sia altro a cui pensare e nient'altro da fare se non quello che faccio!

 

Senti la necessità di mantenere un rapporto vivo con la storia e la memoria?

La memoria e la storia trasudano dai miei lavori come l'acqua dalla terra! Sono profondamente convinta che l'Arte cresca sull'Arte; è illusorio pensare che si inventi qualcosa che prima non c'era; l'invenzione è soltanto uno spostamento dell'interpretazione che di volta in volta si dà del reale. Se il soggetto si sposta, anche l'oggetto cambia. La storia è una linfa vitale dalla quale attingo energia e sostanza per il mio lavoro, mentre la memoria mi permette di non dimenticare.

 

Da un'attenta lettura delle tue opere ci si accorge che in esse c'è la ricerca di equilibri e di sintesi, ma anche che coesistono entità opposte o, comunque, diverse:classicità/modernità; verticalità/orizzontalità; astrazione/figurazione; emozione/razionalità; geometria/forme reali; gravità/immaterialità...

Spesso nel lavoro degli artisti convivono entità opposte. A volte se ne ricerca il punto di unione, oltre che la netta diversificazione. In effetti, le due anime possono coesistere in un unico pensiero senza creare contraddizioni nella poetica globale dell'artista. È un po' il mio caso. Ad esempio, Verticalità/Orizzontalità appaiono come un'opposizione, ma di fatto nel mio lavoro acquistano valore di unicità. Gli assi cartesiani consentono la costruzione astratta della realtà, generano la forma; costruiscono le mie sculture nello spazio creato dalle due direttrici. Astrazione/Figurazione sono veramente opposti? Passo dall'una all'altra dimensione con estrema disinvoltura, c'è posto per tutti e due anche in una sola opera. Ancora: Emozione/Razionalità. Non c'è l'una senza l'altra. Un'opera tutta emozioni rischia persino di essere patetica. Geometria/Forme reali. Nel mio lavoro non esiste una vera distinzione tra questi due termini, non ho mai fatto una scultura rigorosamente geometrica, né una veramente realistica; ogni lavoro è come un riflesso del reale e il riflesso è indistinguibile. Due parole finali su Gravità/Immaterialità. Anche questa opposizione è la conseguenza della grande importanza che dò all'impianto formale dell'opera. È la definizione della forma che consente ad un pezzo di marmo pesantissimo di diventare una piuma e viceversa. La forma e la materia in essa concentrate generano sensazioni di pesantezza o di estrema leggerezza; allora diventa ovvio chiamare “Immateriale” un'onda di marmo nero e “Punto” un'ellisse di pietra.

 

A cura di Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste) , n. 71, febbraio-marzo 1995, p. 52]