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LUCA MARIA PATELLA. La Fotografia: una Visione della Cultura PDF Stampa

Caro Luca, ho pensato di impostare… questo dialogo a distanza in modo un po’ diverso da come si era detto, per riportare all’attenzione degli smemorati e dei più giovani alcune tue esperienze del passato. Anche se ne abbiamo discusso e scritto in altre occasioni, servirà per tornare con la mente e col cuore a una stagione di scoperte e di speranze.

Leggendo i tuoi recenti interventi, ho notato che, nonostante gli anni…, non ti sei ‘pacificato’.  Stupisce ancora la tua persistente volontà di lottare per far valere idee e ragioni filologiche. I testi non dimostrano solo voglia e capacità di scrivere, di motivare e reinventare, ma una forte tensione critico-creativa e problematicità; evidenziano un atteggiamento di denuncia e perfino un impegno etico-politico, quasi fossi stato investito di una missione salvifica nei confronti dell’in-attuale andamento dell’arte.

 

Ciò induce a riflettere sul tuo ruolo di creativo-intellettuale, non nella storia (dove in parte sei già), ma all’interno del sistema dell’arte, certamente influenzato dagli interessi di parte. Allora..., ri-cominciamo dalla metà degli anni Sessanta, quando iniziammo a frequentarci.

Dopo aver abbandonato la matericità e la manualità pittorica, praticavi la grafica e la fotografia con intenti sperimentali, introducendo nelle arti visive la fotocamera e la cinepresa come mezzi espressivi autonomi. Ma in quegli anni le gallerie d’arte non veicolavano facilmente certi prodotti; al massimo esponevano tele fotografiche ‘somiglianti’ ai dipinti…Quel clima scoraggiava la tua ricerca?

Come sai, sono uno strano Pesce anfibio, o polibio; la mia formazione è molteplice: sono un “artista” sin da bambino, in seguito ho compiuto studî classici, artistici, e scientifici (Chimica Strutturale, Psicoanalisi), in Italia, Francia, Sud America.. Non intendo spaventare nessuno, e anzi, approfitto per dire che il mio spirito polemico non è rivolto ad individui, che posso anche apprezzare. Non faccio parte (è un bene o un male?) di camarille. Quello di cui sono convinto, dall’inizio degli anni ’60 (epoca della mia più concreta produzione artistica), è che l’incultura media, diffusa e vigente, è: a carattere idealistico/meccanicistico, condìta di.. sfasato romanticismo. Un’atmosfera ottocentesca. Appena si sente.. puzza di complessità e di ricerca originale, autentica e storicamente necessaria, molti signori e signore scappano come lepri e mordono come lupi (oh, ma non voglio offendere gli animali, che amo!). Nelle arti (e non solo in esse) vige così una radicale Incultura. In conseguenza, la maggior parte degli adepti – per parlar chiaro – non possono che essere decoratori, arredatori, artigiani, grafici pubblicitarî, vetrinisti, piazzisti e professori vecchio stampo (..di nessun “moule”, né mole). Decorazione magari di classe (non sempre). Invece, in epoca di crisi degli specifici, non si può più possedere solo doti e conoscenze specifiche! Così, si constata, internazionalmente: o un attaccamento passivo ad un passato, non rivissuto creativamente, né – in sostanza – conosciuto (la Storia); o un superficiale “readymadismo” e medialismo, ridicoli. Questo già negli anni ’60, e ancor più sfacciatamente, in replica di replica, oggi. Capisci? Sarò preso per un aggressivo presuntuoso, ma le mie sono solo parole e teorie e produzioni, artistico-scientifiche: polemiche; non bellicismi, ..né brutticismi. L’Incultura porta.. perfino alla guerra! Le doux Ledoux, il “dolce” architetto utopista del ‘700, diceva: “une armée n’est souvent qu’un rassemblement de coupables”. Per forza di cose, sin dagli anni ’60, ho operato in questi sensi: anticipando molte “cose” che son successe e che stanno accadendo e cadendo. Anticipando e praticando soprattutto quello che non accade: una cultura altra, non solo artistica, ma: ARTISTICA & NON ARTISTICA. Il mio proto-CONCETTUALISMO (e la Multimedialità, e il Comportamento) è qualcosa di “veramente” tale, non un’indicazione di facciata (buona per salotti e.. musei) come ci hanno abituato, “condendola” (fondandola, o sfondonandola?!) anche di/con vere e proprie falsificazioni, cronologiche ed altro. In ogni caso: niente di epistemologicamente o pulsionalmente consistente! (manca una consapevolezza culturale e “sentita”: “anche” della dimensione scientifica, che non è da identificare con la tecnica, la logica o la matematica..). Concludo ricordando (in un senso ora più generale) che: ..se durante il fascismo e il nazismo (così lontani?) non ci fosse stato qualche stupido che scriveva ed agiva contro: pensa te!.. (E sia detto fra parentesi che tutta questa situazione, mia/altrui, va a discapito della propria “sanità”! ..Ma non “santità”: perché io non intendo salvare nessuno). Comunque, c’è chi afferma: “Piscis hic non est omnium”!

..E poi, non mi scoraggio facilmente: credo in quel che faccio (perché sento e so quel che faccio). Oltretutto, non.. esageriamo: un po’ più tardi, ad esempio, alla Biennale de Paris del 1967, ho ottenuto un Premio internazionale per la Fotografia, il Film e la grafica fotografica..

 

Dalla tua invenzione del Concettuale, praticamente, iniziava pure la tua ricerca linguistica legata alla dimensione esistenziale, alla globalità e agli sconfinamenti disciplinari, ma pure il rapporto arte-scienza, l’approccio al ready-made post-duchampiano, la multimedialità, l’analisi psicologica e l’impiego di ‘culture’ estranee all’arte tradizionale.

L’hai detto: la teoria e il fare non sono semplici e univoci. Pensare non esclude, ma anzi attraversa Linguaggio e Psiche, include il vivere e anche la teoria connessa. Perché non c’è Natura senza Cultura!

 

Ora possiamo ben dire che anche la migrazione verso i nuovi media, tecnologici e telematici, sia partita da quelle prime esperienze.

Sì, certo: “quello” era il momento dei Media; non certe semplicistiche, ripetitive e sciocche iperfetazioni attuali. Qualcuno ha detto che la mia è stata “una sterminata, coordinata e approfondita sperimentazione mediale”. Ma anche invenzione tecnologica: ho introdotto apparecchi e sistemi proiettivi originali (forse ho fatto male a non brevettarli). Ho rimesso in vigore alcune “progredite” (!) tecniche dell’archeologia mediale; ed ho anche insegnato fotocinematografia sperimentale. Ma ti ho detto che “quello” era, se parliamo più sostanzialmente: il tempo della cultura (e vita): un tempo che.. non è ancora arrivato!

 

Allora non venivano prese nella dovuta considerazione le tue innovazioni che anticipavano la Land-Art, l’Arte Comportamentale e il Concettuale, appunto.

..Anche se non è vero che io non sia stato apprezzato e rilevato! (ad esempio, sono fra le “voci-nominativi” dell’Enciclopedia Treccani – cosa non usuale – e fra l’altro affianco un mio celebre nonno scienziato). La letteratura che mi riguarda è sparsa inoltre in varî dominî. Certo, il mio lavoro non consiste in una produzione di oggetti ripetitivi e commerciali, ma in un divenire! Può sconcertare e, nonostante molte interessanti esegesi che mi riguardano – di cui sono grato agli estensori – forse il mio critico più approfondito sono io stesso. Perché il mio lavoro: implica anche la critica. ..In giro, invece, c’è sempre il bisogno, smodato e acritico, di cose risapute! COMPORTAMENTO è un termine da me introdotto a metà anni ’60. La LAND-ART, nell’estate ’67 non esisteva, “.. ecc., ecc.”.

 

Mentre con le “Misurazioni”, le “Animazioni” delle terre e le “Analisi di comportamento” producevi e documentavi in tempo reale le “azioni” sul campo… della nascente Land-Art e della successiva Body-Art, in vari lavori di quegli anni era visualizzata l’intenzione di ‘rappresentare’ o, se preferisci, di ‘mettere in posa’ il procedimento formativo del soggetto-opera (costituito pure dagli strumenti usati) che sarebbe stato ampiamente sfruttato nell’ambito dell’Arte concettuale e di altre tendenze.

Bene, bene: merci, mon ami! La nostra arte delle seconde avanguardie è stata internazionalmente assai sottovalutata e messa fra parentesi. E addirittura i fondamentali apporti (inizio-secolo scorso) del Futurismo e di de Chirico – accanto a Duchamp – non sono così chiariti.  ..Figùrati! Credo che, nei primi anni ’60, abbiamo fatto cose egregie, e.. non abbiamo bisogno di USA e getta, o altro (sia detto fuor di nazionalismi).

 

Quanta volontà di comunicare l’azione effimera c’era nei tuoi auto-scatti?

Le “Autofoto camminanti sbadate”, anni ’70: erano attuate (“in atto”): per non escludere nemmeno la.. non-direttività e l’“ovvio-nuovo”. Questo, dopo le foto più “strutturali” e le “immagin azioni, da lèggere” (una semiologia allargata), nonché altri “modi”.

 

Cosa avevi portato della pittura nell’immagine fotografica?

La tradizione storica-profonda.

 

Se lo spazio della foto-opera era inteso come area di ricerca, quale relazione volevi stabilire con lo spazio reale, con il quotidiano?

Sono un “realista”, uno che lavora nella e per la vita, con “moralità”, non moralismo (ma chi crede che l’obbiettività o la spontaneità sia quella di suo bisnonno, sbaglia di grosso: quello è il falso). Flaubert poi dice: “io miro più in alto: a piacermi!”.

 

Cosa guardavi e cosa volevi far vedere con l’immagine fotografica? Lo spiazzamento rispetto al già visto dove andava individuato?

Si può, se non altro, consultare un mio “tractatus photographicus”, del 1978: La Fotografia di Luca Patella (protoesempî di semiologie analitiche e interdisciplinari). Fornivo tutta una classificazione dei miei “modi” fotografici, nonché della Fotografia e medialità in generale.

 

C’era una sostanziale differenza di indagine tra la foto e il film?

Slittamenti (“trasformazionalità” chomskiana).

 

Oggi, con l’avvento delle nuove tecnologie e il superamento di certi preconcetti (almeno tra gli addetti ai lavori), non tutti ti additano come il capofila della multimedialità e dell’arte performativa. Sei ancora costretto a provarlo?

Ti farò.. un paio di nomi avveduti: Florent Bex, Bernhard Wolf.. Ma molta parte della critica è tutt’al più giornalismo: ho letto di un soldato tedesco che avrebbe documentato la propria fine, nel ’43: con la sua.. telecamera (!). Di certe ricerche inizio-secolo scorso, sulle piramidi: mediante.. elicotteri (!). Della concettualità di Kosuth (che, del resto, ritengo un bravo “artista”) nel.. ‘64-’65, nonché del suo – e di altri consimili – apporto alla “fotografia nell’arte”. Tutte assurdità, noo?! (qui mi ispiro a un “libertador” che diceva: “con libertad no ofendo ni temo”).

 

Quando i giovani critici scoprono i tuoi lavori e li confrontano con quelli delle ultime generazioni si accorgono che c’è una bella differenza…

C’è spesso un’apparenza.. pressoché identica; e, invece, una sostanza tutt’altra: perché si tratta di sostanza!  Riguardo all’apparenza, comunque, si son visti: ..muri e piante parlanti; video sul Camminare; cicli fotografici di gocce, ed altre “originalità”..

 

A questo punto, per tagliare la testa al toro (in maniera non cruenta…), non ti resta che ripresentare, in forma organica, la più rappresentativa produzione foto-cinematografica.

Il 20 Maggio terrò una mostra Fotografica, alla Galleria. “De Crescenzo-Viesti” di Roma. Poi, sì, forse farò Antologiche, come ne ho fatte di assai vaste all’estero (400 opere, in una, in Belgio). Ma non voglio troppo faticare! Né con-vincere: ..tanto più che “con”, in francese, sta per “fesso”.

 

Andiamo oltre… A che punto sei con la “Non arte” dove è più ‘sentito’ il rapporto con la vita?

Preciso: Non arte è legato a Arte (non va inteso in senso dadaista) e vuol dire: operare anche in “altri” àmbiti culturali (che non sono artistici), con conoscenza e creatività.

 

Con le notevoli pubblicazioni (di saggi, autocataloghi critici, nonché romanzi, poesie…) e gli ipertesti, che per certi aspetti oltrepassano la foto e l’oggetto artistico, rischi di farti ributtare indietro…

Lasciami accumulare questo sostanziale lavoro: una sessantina di libri a mia firma (teorici, ed espressivi). Ne sto per pubblicare 4 o 5. Uno – vasto e di grande formato – è appunto sulla mia Fotografia, per lo più quella relativa a “Madmountain”: opere fotografiche, a colori e dal vero, realizzate magari: “senza macchina fotografica, senza pellicola a colori, e senza interventi o ritocchi, né manuali, né digitali”. ..Ci son di mezzo i Padri della Fotografia (Louis Ducos du Hauron, William H. Fox Talbot) che.. son venuti a trovarmi a “Montefolle”! Opere realizzate magari con ore o giorni di elaborazioni “in diretta”: il che si “vede” ed apprezza (anche se la ragazza del laboratorio di sviluppo, le credeva “disegni realistici”!). Altro aneddoto: quando ho usato la “Polaroid Gigante”, il tecnico della casa diceva che certi miei progetti erano impossibili: poi mi à abbracciato, e certi risultati sono entrati nel “Museo Polaroid Corporation” di Boston. Un’altra stoccatina rivolta ai namici? Vedetevi la “Treccani” alla voce “Fotografia”, o la “Storia della Fotografia Italiana” (Laterza): il Patella vi è ben “visibile”, come anche in testi tedeschi od altri: non sono solo io che mi auto-de-scrivo o fotografo.. Qualcuno, più avveduto degli estensori di manualetti sciocchi e corredati di sfondoni: esiste! (qualcuno che - oltretutto - fa una prima e indispensabile o ovvia distinzione filologica: fra chi “usa” la fotografia, e chi la “pratica e inventa strutturalmente”).

 

La tua vocazione sperimentale non si esaurisce mai? Da dove trae stimoli?

Dalla natura, la cultura, l’intelligenza, l’informazione, la nevrosi (per forza e per amore).. Mi aspetterei sempre cose interessanti anche dagli altri, che studio con attenzione; per lo più.. sconsolata ..o anche consolante?

 

Con la virtualità digitale come re-agisci?

“Costruzione virtuale” magari stereoscopica; non ritocchini. In questi àmbiti sto facendo cose molto complesse: come la ri-costruzione filologica e creativa di una “Maison de Plaisir, Cosmique”, da C.-N. Ledoux, e mio padre Luigi, cosmografo, umanista, come sai.

 

Sul terreno della creatività, contaminato da interessi prevalentemente commerciali o da ignoranza e non fertilizzato da idealità, si sottovaluta o, addirittura, si penalizza la sperimentazione che si propone di aprire nuove vie. È un paradosso anticulturale! Una degenerazione antropologica! Una brutta storia, non soltanto personale!

Anche tu convieni? (pur senza.. convenienze). Non auguro il male a nessuno, stimo molte cose, in specie del Passato (non.. “di verdure”, ma, sì, sempreverde nella sua vitalità). Da un lato, ti ripeto che non devo o dobbiamo solo lamentarci. Proprio a giorni si inaugurerà la mia grande “Magrittefontaine” (Fontaine Physiognomique), in una piazza centrale di Bruxelles: 4x4x3 metri di.. Pensiero! ..Purtroppo, d’altra parte, ho il gran difetto di essere incontentabile; e il pregio di non accontentarmi mai!

A cura di Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 108, giugno 2002, pp. 32-33]